ISPETTORE KARATÉ CONTRO L’ANONIMA SEQUESTRI

 

L’ispettore “karaté” è un poliziotto senza arte né parte che, tuttavia, è lo spauracchio di tutti i delinquenti in quanto mena colpi a destra e a manca, storce braccia, frattura costole e lussa spalle. Un bieco e improbabile boss, unico a non temere il protagonista, lo sfida sequestrandogli l’adorato figlioletto e minacciando la sua stessa vita. Una ragazza, amata in gioventù dall’ispettore, è ora l’amante del boss. Redimendosi, la donna salva la situazione e coopera alla distruzione dei malvagi.

 

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Titolo originale: Tou hao tie ren
Anno: 1973 I Paese: Taiwan
Regia:
Attori:  Chan ChiaoKo Shum HsiungKo Min Hsiung
 

 

Molto raramente ci troviamo a consultare pellicole rare che provengono dai gloriosi anni ’70 del cinema asiatico e che sono anche state doppiate in italiano. Si, è vero, ci sono molti film di kung fu che sono arrivati a noi tramite i dvd che si trovavano in edicola e ora su Ebay e qualche volta anche su Youtube, ma di fatto questo film non appartiene proprio a quel filone seppure l’edizione italiana ne vuole cavalcare il successo che fu. Partiamo dal titolo. Sbagliatissimo. “L’ispettore Karatè” non pratica karatè e questo stile marziale ci induce in errore conducendoci con la mente a ben altri lidi asiatici, ovvero quelli del Paese del Sol Levante, tuttavia la pellicola è una produzione taiwanese e non di certo nipponica, lo si vede anche dalle facce e dallo stile di combattimento più utilizzato. “Contro l’anonima sequestri”, ecco diciamo che un sequestro c’è nel film, tuttavia l’organizzazione criminale contro cui si scaglia il nostro eroe non è una anonima sequestri come quella sarda per intenderci, ma è una classica organizzazione triade con (si suppone) un numero vario di attività. Ergo TUTTO il titolo è sbagliato e non fa vedere quello che promette. Poco importa in realtà. Mi rendo conto che ai tempi in cui uscì, ovvero tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80 stando molto larghi, l’italiano medio non sapeva distinguere un cinese da un giapponese. Era tutto un “cin ciun cian” per parafrasare il tipo di frasario utilizzato allora. Ma veniamo al film. Ispettore Karatè contro anonima sequestri è un poliziesco che si ispira sicuramente alle pellicole statunitensi col poliziotto duro e puro alla Callaghan, nulla di più. Per tutto il film l’ispettore Fan Tung cerca disperatamente di arrestare il delinquente triade Miao Li, ma non ci riesce, in compenso Miao Li gli soffia la fidanzata. Il film parte bene ma ha un discesone tremendo fino a quando Miao Li non si allea con il criminale giapponese Kuroda, interpretato da Teruo Sakamaki. Dovete sapere che Teruo Sakamaki non era un’attore, ma semplicemente un barman che vinse il concorso di sosia di Shintaro Katsu, leggendario attore nipponico che interpretò il personaggio di Zatoichi nell’omonima saga di film che durò dal 1962 al 1973, più un sequel ulteriore nel ’89 e una serie televisiva su Zatoichi per un totale di 100 puntate. Tra l’altro se notate bene per tutto il tempo il boss Kuroda porta gli occhiali da sole e quando li perde inizia a lottare ad occhi chiusi e a scimmiottare i medesimi tic facciali di Shintaro Katsu quando interpretava il massaggiatore cieco. In più l’assalto finale del criminale giapponese è effettuato tenendo in pugno un bastone di legno, arma letale del nostro sopracitato massaggiatore cieco. Dicevamo, dopo l’apparizione di questo Kuroda non succede di nuovo nulla fino a quando rapiscono il figlio a Fan Tung e da li un colpo di reni ci fa raggiungere la fine del film. In questa pellicola le scene di arti marziali sono ridotte all’osso, si parla molto e per tutto il minutaggio si ha quella maledetta sensazione che Ispettore Karatè contro anonima sequestri è uno di quei classici film taiwanesi che sovente il produttore Joseph Lai e il regista Godfrey Ho (il gatto e la volpe) acquistavano per poi tagliuzzare furbescamente e aggiungere al girato delle nuove riprese girate da loro (o chi per loro) con un paio di attori americani e un 4 o 5 ninja che si muovono in location poco credibili al fine di fabbricare un titolo nuovo da spacciare nel mercato delle VHS (per chi non lo sapesse la loro casa di produzione si chiamava Filmark International). Questa sensazione la possono provare anche i neofiti del genere, non serve un mostro di cultura. Comunque alla fine si riesce a raggiungere l’ultimo minuto di pellicola con un po’ di sudore e molta, molta buona volontà.

Scritto da Il Guardiano dello Zoo