LA MASCHERA DEL TERRORE

 

Samantha Sherwood (Samantha Eggar) è un’attrice appassionata al suo lavoro, tanto che si finge folle per essere ammessa in un manicomio e studiare il comportamento dei pazzi per il ruolo nel prossimo film del famoso regista Jonathan Stryker (John Vernon) con cui ha spesso collaborato. In realtà, si tratta di una specie di trappola organizzata da Stryker che, mentre lei è in manicomio, organizza un’audizione per la parte con altre attrici, in una vecchia casa isolata. Ma Samantha scappa dal manicomio e raggiunge la casa dove si tengono le audizioni. Una persona mascherata comincia a uccidere le attrici in lizza.

 

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Titolo originale: Curtains
Anno: 1983 I Paese: Canada
RegiaRichard Ciupka (accreditato come Jonathan Stryker)
Attori: John VernonSamantha EggarLinda Thorson

 

 

Il sogno di tutte è recitare il ruolo della psicopatica Audra nell’imminente film del grande regista Jonathan Stryker (Vernon); per questo la sua compagna Samantha (Eggar) si fa addirittura internare apposta in manicomio rischiando quasi di non uscirne più. Stryker, tuttavia, per il provino nella propria casa di montagna non convoca solo lei ma anche altre sei ragazze: lì sceglierà chi meriterà la parte. Arrivato il gruppo in loco, però, càpita l’imprevedibile: qualcuno comincia a far fuori le provinanti una per una indossando una maschera da anziana, rugosa signora coi capelli di stoppa… Sei donne per l’assassino? Considerando il prolungato finale tra i manichini si direbbe proprio di sì: prendendo un po’ da Bava e un po’ da Argento, il regista Richard Ciupka (che si nasconde dietro lo pseudonimo di Jonathan Stryker, in una sorta di sberleffo metacinematografico) confeziona uno slasher canadese piuttosto atipico, curato nell’ambientazione e che azzecca almeno una scena memorabile: l’omicidio sul laghetto ghiacciato, con un bell’uso del ralenti (replicato con meno incisività anche in altri frangenti) e un tocco quasi surreale dato dalla bizzarra maschera carnevalesca del killer. Nient’altro purtroppo sarà all’altezza di questa lunga scena (forse solo un cupo incubo con bambola sotto la pioggia), ma è comunque rimarchevole la già citata ultima parte tra i corridoi ingombri di manichini, tendaggi e abiti di scena, con il cartello “applause” che lampeggia sinistramente. Se poi l’apparenza è quella dello slasher – per il tipico body count scandito da colpi di mannaia (ma il sangue è misteriosamente assente) – l’impianto è invece tipico dei “whodunit”, in cui cercare di scoprire il colpevole (e non sarà così facile, soprattutto tenendo conto dell’ultimo colpo di scena). Le giovani provinanti sono tutte diverse e per qualche verso affascinanti, mentre chi lascia un po’ perplessi per la recitazione e per lo scarso appeal è semmai John Vernon, per quanto non lo si possa dire male assortito al gruppo. Non il massimo quanto a coerenza il plot, che lascia intravedere buchi di sceneggiatura notevoli, ma se non si cerca qualcosa di troppo ricercato e ci si adegua a qualche pausa di troppo può anche andar bene.

Recensione da Il Davinotti