LE DONNE DELLA NOTTE [sub ITA]

 

Teatro della vicenda è stavolta il Giappone del primo dopoguerra, in cui le ferite inferte dal conflitto si accavallano a quelle generate da un’oscillazione continua tra passato e presente. Lontana dalla sua famiglia e con un neonato tubercolotico a carico, Fusako attende con trepidazione il ritorno del marito dalla guerra: a raggiungerla sarà invece la terribile notizia della sua morte. La fortuna sembra girare quando, passeggiando per le vie di Osaka, Fusako si imbatte nella sorella, che credeva dispersa assieme ai genitori. Divenuta un’affascinante ballerina, questa le confessa di essere rimasta sola al mondo, esprimendo il desiderio di andare a vivere con lei. A sconvolgere il ritrovato equilibrio familiare sarà la relazione tra il capo di Fusako, già suo amante, e Kumiko: non potendo sopportare il tradimento dell’amata sorella, Fusako diventerà una prostituta, decisa a vendicarsi su tutti gli uomini che cadranno tra le sue braccia.

 

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Titolo originale: Yoru no onnatachi
Anno: 1948 I Paese: Giappone
Regia: Kenji Mizoguchi
Attori: Kinuyo TanakaSanae TakasugiTomie Tsunoda

 

 


Esponente di spicco dell’epoca d’oro del cinema giapponese, nonché autore tra i più amati dai Cahiers du Cinema, Mizoguchi è qui, come nei capolavori, regista di donne e di passioni tormentate, di lotta continua tra umiliazione e desiderio di vendetta, di atmosfere rarefatte che stupiscono nel loro incorniciare alla perfezione le storie di un’umanità derelitta.

Proprio come nel cinema kaidan, dove gli spettri in cerca di vendetta sono quasi sempre donne vittime di una società sessista, anche qui il rancore derivato dai torti subiti trasforma le protagoniste in creature assetate di riscatto, la cui crudeltà diviene l’unico mezzo di sopravvivenza. La miseria nella quale si muovono le protagoniste rimanda ad uno dei capolavori del grande maestro, il leone d’argento I racconti della luna pallida d’Agosto, in cui  povertà e abbandono del tetto coniugale inducono alla prostituzione. Il legame è forte nonostante le diverse epoche nelle quali le vicende sono ambientate: a tirare le fila è infatti sempre una disperazione talmente profonda da condurre quasi alla follia, l’umiliazione di essere donna in un mondo governato da uomini. Lo squilibrio tra i due sessi si manifesta stavolta anche nella particolare epoca storica che Mizoguchi ritrae con estrema vividezza: un periodo sospeso tra due dimensioni, quella del Giappone passato, familiare e confortante, che trova spazio nell’intimità della propria abitazione, nei modi e negli abiti femminili, e quello futuro, esterno, maschile, aggressivo e, soprattutto, occidentalizzato. Il dispotismo cui sono soggette finisce per esasperare le donne ritratte che, vittime di un sistema in cui a vincere è solo chi prevarica sul prossimo, finiscono per dimenticare la solidarietà tra simili, reagendo con violenza anche tra loro. Nonostante le angherie subite, la voglia di riscatto non viene però meno, letteralmente esplodendo nella scena in cui le due sorelle, riconciliatesi, spariscono dietro all’icona della femminilità cristiana: quasi che il nuovo sia in grado, ora, di riaffermare quelle doti di compassione e materna benevolenza apparentemente perdute per sempre.
Mizoguchi, dunque, anticipa qui le tematiche ricorrenti anche nei film più noti: il sacrificio femminile, l’attenzione per personaggi messi continuamente alla prova dalla vita ed un pessimismo di fondo che, stavolta, cede il passo alla speranza.

 

Recensione da Sentieri Selvaggi