THE ZERO BOYS

Gli zero boys sono tre amici appassionati di guerra simulata. Insieme a due amiche più una ragazza “vinta” per scommessa, decideranno di festeggiare la vittoria di una partita in un cottage sperduto nel bosco. Scelta sbagliata perché quello è il rifugio di alcuni maniaci assassini.

Link Imdb I Link Youtube
Lingua: 

Titolo originale: The Zero Boys
Anno: 1982 I Paese: U.S.A.
Regia: Nico Mastorakis
Attori:  Ben MurphyNina AxelrodKevin Brophy
 

Esistono film di pancia che arrivano a colpirti ed appassionarti senza una ragione davvero logica, senza che la trama sia scritta da uno sceneggiatore abile, eppure, sarà per la regia gagliarda o l’atmosfera, ma i difetti si annullano davanti alla potenza delle immagini. The Zero boys ne è l’esempio più eclatante: battute che sembrano gridare pietà al Dio dei dialoghisti, una storia che prende almeno due strade senza svilupparne davvero nessuna, ma, in compenso, anche un’opera che possiede una tale freschezza nel mettere in scena gli eventi, un uso virtuosistico della telecamera e suspense, tanta e buonissima, non male per un B movie dal titolo (e le premesse) di un film di guerra alla Bruno Mattei o Ciro H. Santiago. Strano come The Zero boys non abbia avuto davvero la sua meritata fama di cult: in Italia per esempio è uscito prima in una vhs Domovideo poi in un dvd a bassa definizione, meglio all’estero dove brilla l’edizione Arrow che riporta in vita gli splendidi colori della fotografia di Steven Shaw.Il sito americano Wicked horror intitola così un suo articolo “Perché The Zero Boys è quasi perfetto” e la giornalista, Michele Eggen, spiega “Sono sinceramente scioccata che non avessi mai sentito parlare di questo film. Non ne ho mai visto nemmeno una casuale menzione in nessuna di quelle top ten di film horror o film slasher meno noti, anche se dietro c’è un culto. Ci sono molti film sconosciuti, soprattutto anni 80, ma questo dovrebbe davvero essere portato all’attenzione di tutti. The Zero Boys vanta alcune grandi interpretazioni da parte dell’intero cast, rielabora con invenzione il sottogenere slasher, ed  è un precursore di molti altri film che verranno dopo“.Zero boys è un film slasher più bizzarro di altri, più noti e anche meno validi, come il terribile Terror train di Roger Spottiswoode. Forse per la sua natura camaleontica e pulp, capace di passare ad un genere ad un altro con grande scioltezza, è un oggetto non proprio etichettabile in un filone, non troppo d’azione, non troppo di guerra, non troppo sanguinoso per un horror alla Venerdì 13. Eppure la bravura di Nico Mastorakis, che diamolo pure è un ottimo regista ma dalle scelte artistiche dubbie, è di riuscire ad essere superiore in ogni sua azzardata sterzata a qualsiasi altro concorrente del genere, forse non il migliore ma uno dei migliori e più esaltanti B movie del terrore degli anni 80. Quello che alla fine non convince è la sceneggiatura, firmata a tre mani dal regista, dal suo collaboratore di fiducia Fred Perry e da Robert Gilliam: troppo col fiato corto per  un film che sarebbe dovuto durare tre ore per le tante idee presenti. Così Zero boys è un action horror dalla trama superficiale che si scontra contro la regia ottima, male ma non malissimo, per fortuna. Le intuizioni presenti anticipano un certo torture porn a base di snuff che furoreggerà ad inizio nuovo millennio con gli Hostel ma soprattutto il Vacancy di Nimrod Antal. Se si esclude l’ottimo e misconosciuto Special Effects di Larry Cohen del 1984, il tema dei filmati di morte e sadismo non era proprio notissimo al pubblico, e The Zero boys lo mette in scena con una certa efficacia. In generale questo è un film studiato meglio di tanti teen movie del terrore, dalle interpretazioni del convincente cast alle reazioni dei personaggi davanti ad eventi orribili e spaventosi. Per fare un esempio ad un certo punto Kelli Moroney, interprete tra l’altro degli ottimi La notte della cometa e Supermaket horror, apre un baule e dentro ci trova un cadavere. Non la vediamo liquidare la cosa bruscamente ma i suoi occhi e la sua espressione sono di credibile terrore così come la risposta della sua amica che corre a vomitare nel lavabo. Magari sono piccolezze, ma sono i dettagli a rendere grande l’opera del diavolo. In più Mastorakis riesce a rendere adrenalinico un film che ha come body count una sola persona, cosa non da poco di sicuro. La parte slasher, quella più convincente, finisce a neanche mezz’ora dalla fine per lasciare spazio ad un survival di guerra sulla falsariga di Un tranquillo weekend di paura dove stavolta però lo scontro è tra soldati di guerra simulata con assassini veri. The Zero boys è un film stilosissimo, dalla fotografia elegante, dalle invenzioni potenti, emozionante e veloce come solo uno spettacolo popolare da vhs potrebbe essere. Tra gli attori salta all’occhio la presenza di Joe Estevez, soprattutto perché, appena arriva, balzi dalla poltrona esclamando “WTF, com’è possibile che sia come cattivo ci sia Martin Sheen?”. No, bro, non è lui ma il somigliantissimo fratello. In Svezia il film ebbe problemi con la censura che tagliò l’intero finale rendendo incomprensibile la vicenda.

Nico Mastorakis con The Zero boys firma una delle sue regie più riuscite, un autore da riscoprire sia nei suoi alti come Destination – Il leggero fruscio della follia che nei suoi bassi di fine carriera tipo l’incredibile Top model per uccidere. Non gira più dal 2002, anno del pregevolissimo serialkiller.com con una sciupata ma bellissima Nastassja Kinski, peccato perché questo regista greco col pallino per i film d’azione e del terrore era uno degli autori più sottostimati ma validi della storia dei B movie, quelli che non sono serie A solo per il budget, ma che urlano “Fantasia al potere!”. Immaginate che, in Zero Boys, Mastorakis crea, durante i primi minuti, un inaspettato e lungo piano sequenza, una roba che ti aspetti, che so da Brian De Palma, non da un autore di un teen horror!

Voi, se avete voglia recuperatelo questo film, e, mi raccomando, fateci sapere se vi è piaciuto. Oltretutto ci dispiace che non sia mai stato fatto un capitolo 2 alla luce di un finale aperto, ma forse meglio così: la cosa accresce di più l’unicità del prodotto.

Scritto da Andrea Lanza [Malastrana VHS]