🐵👊CZMF006 VIOLENZA SADICA PER 10 VERGINI in ALTA DEFINIZIONE!

 

Alla fine del 1600, in Giappone, una banda di malviventi, capeggiata da un insospettabile funzionario imperiale, Fujida, e dal samurai Kabayashi, rapisce alle loro famiglie giovani donne da destinare ai bagni pubblici. L’agente governativo Shinza e il suo amico Takichi riescono a liberare le fanciulle e a denunciare Fujida.

 

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⚠️​ l’incipit è in lingua originale e il resto del film in italiano
eccetto alcune scene di pochissimi secondi ⚠️​

 

 

Titolo originale: Onna Ukyo Buro
Anno: 1968 I Paese: Giappone
Regia: (accreditato come Tan Ida)
Attori: Ryoji HayamaJiro OkazakiToshi Nihonyanagi

 

 

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 il cinema giapponese è stato travolto da un’inondazione di sesso e violenza. Sia i classici film di genere gangster che quelli di genere jidaigeki (cappa e spada), una volta garbati e con un proprio codice formale, sono stati travolti da una vera e propria pioggia di sangue. Non c’è da stupirsi che questo tipo di rivoluzione sia coincisa col 1968. Nel campo del cinema erotico sono esplose varie forme di ibridi come il pinky violence ovvero storie di femmine che chiedevano a gran voce la propria vendetta a suon di coltelli e cazzotti, oppure una serie nutrita di pellicole “pinku” (così si chiamano, dal colore rosa della pelle) ambientate nel periodo medievale, quello più gettonato il periodo dello shogunato dei Tokugawa (1603-1868) chiamato appunto periodo Tokugawa oppure periodo Edo dal nome della città di Edo, futura Tokyo. Tra i titoli internazionali di quest’ultimo tipo di pellicole possiamo citare, The Joy of Torture (1968), Shogun’s Sadism (1968), Orgies of Edo (1969), Tokugawa: Women Genealogy (1968) L’Impero della Lussuria (1972) e Cruel History of Women’s Torture  (1976). Le case di produzione come Toei e Nikkatsu si contendevano questo tipo di mercato, la Nikkatsu si specializzò poi sempre più in pellicole erotiche arrivando a coniare nella mente di tutti il binomio Nikkatsu = Pinku Eiga (film erotico). Il film preso in esame in questa recensione è Violenza Sadica per 10 Vergini, proprio del 1968. Un film che abbonda di scene erotiche, ma che basa la sua struttura nella spy story certamente un pretesto per stabilire una sorta di scheletro di sceneggiatura. In questo film la particolarità che un esperto di cinema di genere può subito notare è l’assoluta ambiguità tra la “pista morale” che segue la spy story di questo agente del governo che indaga sulla tratta delle donne (ovvero tutto il film senza scene di sesso) e la “pista immorale” cioè tutte quelle scene di sesso che coincidono almeno per il 90% con stupri e violenze libidinose. Sembra piuttosto chiaramente che si cerchi di giustificare la visione di questo tipo di amenità illegali e immorali mostrandole morbosamente per poi condannarle per mezzo dei dialoghi nelle scene successive, un po’ come si usava in Italia per giustificare i film nazisploitation di Bruno Mattei, Sergio Garrone, Luigi Baztella e compagnia bella. Il pubblico può così ritenersi soddisfatto per essersi rifatto gli occhi con fior fior di epidermidi nude ed aver avuto la possibilità di essere d’accordo con i protagonisti che denunziavano le pratiche criminali messe in atto dai cattivoni. Un film quindi che è certamente imbrigliato nei dettami dell’ordine supremo “il pubblico và soddisfatto”, diktat principe del cinema di genere, il motivo per cui è nato: fare soldi. Il pubblico giapponese che vede samurai e geishe vuole la risoluzione finale dell’eroe che in completa solitudine entra nel covo dei banditi e sgomina la banda in rapporto 1 a 10 quando gli va bene. Un must del cinema cappa e spada, anche in Violenza Sadica per 10 Vergini. Il titolo italiano per una volta non si discosta di molto con quello che si vede, la violenza c’è, il sadismo c’è, le 10 vergini ci sono anche se non sono tutte vergini dato che una di esse viene rapita già in stato interessante. Ma sono dettagli, è sicuramente un bel titolo acchiappa biglietti. Del regista possiamo dire che appare col suo pseudonimo più usato ovvero Tan Ida, ma il suo vero nome è , una carriera iniziata sul finire degli anni ’50 coi classici film del dopoguerra nipponico, tra il neorealismo e la voglia di ricominciare, per poi seguire la moda del genere malavitoso proprio pochi anni prima di essere scelto dalla Nikkatsu per dirigere il suo 34esimo film.

Scritto da Il Guardiano dello Zoo