MISSIONE FINALE

 

Un gruppo di malvagi mercenari assalta dei villaggi per rapire delle delle donne vergini per utilizzarle in strani esperimenti scientifici finalizzati alla creazione di superuomini. L’organizzazione scientifica mondiale decide di fermare queste atrocità contattando un gruppo di esperti ex-militari che dovranno attaccare e distruggere il centro operativo nel quale vengono condotti gli esperimenti.

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
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Titolo originale: Ten Zan – Missione Finale
Anno: 1988 I Paese: Italia, Corea del Nord
Regia:  Ferdinando Baldi
Attori:  Frank ZagarinoMark GregorySabrina Siani
 

 

I 3 dell’operazione Ten Zan

Cosa succede se Frank ZagarinoRon Kristoff e Mark Gregory girano un film assieme in Corea del Nord? Nonostante la bizzarra premessa, niente di particolare: il risultato è il solito filmaccio guerraiolo all’italiana. La cosa interessante è che Missione finale (Ten Zan – The Ultimate Mission) è, ad oggi, la co-produzione internazionale nordcoreana più famosa al mondo.

L’unico passaggio televisivo di cui ho trovato traccia risale a mercoledì 23 gennaio 1991 su Italia7, in prima serata alle 20.30. Dalle mie annotazioni risulta almeno un’altra replica, e il mio giudizio di allora fu di moderato entusiasmo. Edito in VHS dalla Titanus nel marzo 1992, pare che il film non sia mai stato distribuito nei cinema italiani. [Sebbene riceva il visto della censura italiana già dal 26 giugno 1990. Nota etrusca]

L’ambientazione di Missione finale è vaga: pur essendo stato girato in Corea del Nord, non viene mai fatto cenno di dove si stia svolgendo la storia. Un gruppo di guerriglieri, comandati dal perfido Jason (Mark Gregory) rapisce ragazze indifese dai villaggi, popolati perlopiù da poveracci. Il professor Larson (Charles Borromel) non ci sta ed incarica Lou Mamet (Frank Zagarino) e il suo socio Ricky (Ron Kristoff) di fermare il ratto delle fanciulle, perché il vero, minaccioso scopo della banda di Jason è quello di creare, tramite il DNA delle donne rapite, un siero che, una volta iniettato negli esseri umani, porterebbe alla morte i soggetti più deboli e di conseguenza alla selezione di una razza dominante.

Qualche sparatoria, qualche inseguimento in auto (a velocità moderata), qualche scazzottata e si arriva alla resa dei conti finale: ormai Jason ha capito che il suo business sta per andare in malora, e decide di distruggere tutto per non lasciare tracce.

A questo punto c’è un twist inaspettato: si scopre che il capo di Jason non è altri che il professor Larson, ovvero colui che aveva incaricato Kristoff e Zagarino di rovesciare il regno del male. Ma perché mai avrebbe pagato due mercenari per smantellare i propri traffici? Non viene spiegato. Comunque, Jason e Larson cominciano a bisticciare perché il professore non vuole che venga distrutto il lavoro di una vita. Jason non se ne cruccia troppo e si sbarazza di Larson con un colpo di rivoltella.Mentre Jason fa saltare in aria laboratorio e magazzino, arrivano Lou e Ricky: i due fanno fuori i guerriglieri e feriscono a morte il bieco leader che, prima di spirare, riesce ad azionare l’ultimo detonatore. Baci, abbracci, Zagarino se ne va in barca con una ragazza e Kristoff guida la sua jeep verso il tramonto.

La mancanza di momenti eccentrici o scene balorde rende la visione tutto sommato noiosa, nonostante la realizzazione sia piuttosto curata rispetto alla media degli action italici. Il fugace nudo di Sabrina Siani (altra presenza ricorrente in svariati filmacci) è interessante giusto perché si tratta di un caso eccezionale in un film nordcoreano. L’unica cosa che rende Missione finale rilevante, a livello culturale, è la stranezza che sia stato girato in Corea del Nord. Si possono vedere paesaggi rurali, urbani, la futuristica metropolitana di Pyongyang… e la base del professor Larson è un antico tempio buddista.

Kim Jong Il ha governato la Corea del Nord dal 1994 fino alla morte, ma, a partire dalla metà degli anni Sessanta, durante i suoi primi anni a capo del Comitato centrale del partito, supervisionò anche le attività di propaganda e proselitismo del Dipartimento, con l’obiettivo di rivoluzionare l’arte coreana. È in questo periodo che nasce il suo amore per il cinema, la forma d’arte che considera più completa.
Pare che avesse una collezione di oltre 20.000 videocassette, e che fosse appassionato di film occidentali come la saga di James Bond, Venerdì 13 e Rambo, oltre che di Godzilla. I suoi attori preferiti erano Richard Burton ed Elizabeth Taylor, e le sue ambizioni andavano oltre alla politica: voleva rendere la Corea del Nord una potenza cinematografica riconosciuta a livello internazionale.

I primi tentativi, tuttavia, non furono all’altezza delle sue aspettative. Era necessaria un’iniezione di linfa vitale, che si concretizzò nel 1978 con l’arrivo del famoso, anche se in declino, regista sudcoreano Shin Sang-ok e di sua moglie, l’attrice Choi Eun-hee. I due sostennero sempre di essere stati rapiti: comunque sia, durante la sua permanenza Shin realizzò numerosi film che ebbero riscontri nell’intero sud-est asiatico, e che introdussero nel cinema nordcoreano tematiche fino ad allora inedite come le arti marziali, i mostri giganti e, in minor misura, l’erotismo.

Nel 1986, Shin, mentre si trovava all’estero per presentare un film, colse l’occasione per svignarsela. Questo, oltre ad una grave crisi economica in patria, portò ad un’involuzione del cinema nordcoreano, che ritornò ad essere un mero strumento di propaganda. I film prodotti in questo periodo non li voleva nessuno, impregnati com’erano di retorica comunista che tutte le altre nazioni cercavano di scrollarsi di dosso: si pensò quindi di aggirare il problema realizzando un film d’azione, spacciandolo come occidentale, per poterlo vendere all’estero cavalcando l’onda del nascente mercato dell’home video.
Venne mandata una delegazione al Festival di Cannes, dove Ferdinando Baldi stava cercando qualcuno a cui vendere la sceneggiatura del suo nuovo war-movie. Il cinema italiano era celebre, con una grande tradizione, ma era in difficoltà. Gli italiani, nei loro film, spesso facevano uso di nomi finti per sembrare americani. Baldi era l’uomo giusto per realizzare il progetto.

Attivo fin dagli anni Cinquanta con vari pseudonimi, tra cui Ted Kaplan, seppe reinventarsi seguendo le mode prima dei peplum, poi degli spaghetti western [come Blindman (1971). Nota etrusca], per passare al giallo e finire con l’action.

Johannes Schönherr, giornalista e curatore di mostre cinematografiche, nel suo libro North Korean Cinema: a history, scrive:

«Baldi, in mezzo a molti film low-budget, ne girò uno nelle Filippine, nel 1985, con finanziamenti americani. Un Vietnam-movie intitolato Warbus. Non esattamente un successo di critica ma andò bene nel mercato dell’home video. Nella primavera del 1988 aveva già completato il film successivo, Un maledetto soldato, ma al Festival di Cannes di quell’anno portò ancora il collaudato Warbus. Alla proiezione era presente una delegazione nordcoreana.»

Recensione da

E’ disponibile una preziosissima intervista a Francesco Baldi sul film cliccando qui.