STORMQUEST – LA LEGGENDA DI KIMBIA

 

In una società governata dalle donne in cui gli uomini sono tenuti esclusivamente per la riproduzione, due donne arrivano a credere che il trattamento riservato agli uomini da parte della loro società sia sbagliato e le guidano in una rivolta contro il sistema

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

Titolo originale: stormquest
Anno: 1987 I Paese: U.S.A., Argentina
Regia: Alejandro Sessa
Attori: Brent HuffKai BakerMónica GonzagaRocky Giordani
 

 

Come raccontato, Il colpo segreto del ninja (1985) vede due protagonisti che vanno in direzione opposte: se Shô Kosugi sta cadendo, Brent Huff sta salendo. Ma davvero vogliamo chiamarlo “salire” ritrovarsi ad interpretare i più cialtroni filmacci in circolazione? E tutti senza mai cambiare una sola volta espressione?

Grazie al nostro amico collezionista Michael Paré – un nickname che è tutto un programma! – ho avuto modo di recuperare Stormquest, un filmaccio argentino che al suo arrivo nelle nostre videoteche per Multivision / Eagle Pictures riceve il titolo La leggenda di Kimbia.

Ricordate Kimba, il leone bianco? Anche a Kimbia c’è un bianco, ma non è un leone…

L’unico passaggio televisivo noto con il titolo Stormquest risale al pomeriggio di sabato 21 dicembre 1991 sulla mitica Odeon TV.

Grazie a Lorenzo, il ninja del Zinefilo, scopro che la stessa Odeon aveva già trasmesso questo film il 21 agosto 1990 con il titolo La leggenda di Ishtan, replicato altre due volte nel 1992: perché trasmettere un film quattro volte… una con un titolo, una con un altro e poi altre due con il primo titolo? Misteri di Odeon TV.

Comunque, anche Kimbia il pirlone bianco è uno degli Eroi di Odeon.

Anche se all’epoca si nascondeva dietro un generico Alex Sessa, l’argentino Alejandro Sessa (scomparso nel 1998) è uno che ha fortemente amato il genere heroic fantasy e ha voluto sporcarlo il più possibile, sia come produttore che come regista, con titoli come Deathstalker (1983), La regina dei barbari (1985) e Amazons (1986). Quando ci sono eroi muscolosi ed eroine dalle grazie al vento che vivono avventure fantasy di serie Z, da qualche parte troverete Sessa.

In questo film, di cui è regista e autore del soggetto (due sbagli con una persona sola), ci porta a Kambia, una regno dove vige il matriarcato, le donne comandano e gli uomini sono schiavi, divisi in “stalloni” e “fuchi”. Siamo nei maschilisti anni Ottanta, quindi questa utopia non funziona, e la giovane Ara (Kai Baker) vuole sfuggire a un mondo che non riconosce suo.

Diciamolo subito: a me questa Ara sembra una versione Z di Axa, la “guerriera dal seno nudo” (letteralmente) nata sulle strisce a fumetti della rivista britannica “The Sun” nel 1978, portata più volte in Italia quando eravamo meno bacchettoni.

A parte la similitudine del nome, comunque è chiaro che Sessa con le sue eroine fantasy voglia riallacciarsi ad una tradizione che soprattutto in Argentina è di grande spessore: mi basterebbe citare le grintose eroine disegnate dal maestro argentino (in realtà torinese!) Juan Zanotto, da Barbara a Falka. E guarda caso tutte queste discendenti della mitica britannica Modesty Blaise (1969), affrontano tematiche da “rivoluzione sessuale”: il riappropriarsi della propria sessualità rende libere le donne, che non devono più votarla esclusivamente al loro maschio dominante, o qualcosa del genere.

Mi sembra superfluo sottolineare come Sessa non potesse mostrare niente di ciò che invece a fumetti poteva apparire (almeno all’epoca), quindi la sua eroina Ara è solo una vuota nullità su sfondo nero. Credo l’attrice non abbia neanche capito quale film stesse girando.

Ara e altre ribelli sfuggono al potere della perfida Stormqueen (Linda Lutz, scomparsa lo scorso ottobre 2020), regina rotonda e laida, un ritrattino proprio delicato e fine, a simboleggiare una sceneggiatura scritta con lo scalpello.

La cicciosa regnante, dedita ad ogni vizio e con un serpente che ride come animale di compagnia, sguinzaglia le sue donne-soldato per riacciuffare Ara e gli schiavi ribelli fuggiti con lei, ma non ha tenuto conto che quei bruti di maschi hanno un condottiero fenomenale: Zar, interpretato dalla paresi facciale di Brent Huff.

Il regista argentino aveva capito subito le potenzialità di Huff infatti gli affibbia un personaggio il cui nome inizia per Z: nomen omen! Ara vorrebbe resistere al fascino maschio della paresi facciale, ma anche in una distopia femminista non si può resistere al richiamo del merlo maschio!

Avere due attori protagonisti che fissano il vuoto, senza traccia di vita negli occhi, metterebbe a dura prova anche un regista vero: figuriamoci Alex Sessa, che sta lì solo per gioco. Così si vede costretto a puntare tutto sull’unica attrice del film, cioè la Stormqueen, che fa boccacce, subisce battutacce sulla pinguedine, fa la lasciva, gioca con i ragni, prende a sberle il suo serpente che ride (ma che avrà da ridere?) e soprattutto ghermisce il merlo Huff, che a inizio carriera tocca subito il fondo con una scena indecorosa, nell’antro della regina cicciosa.

Capisco che Sessa leggendo i fumetti di Axa e Barbara si fomenta e sogna di creare anche lui eroine fantasy che giochino con la sensualità, ma poi ciò che mette in scena è la serie Z della serie Z, girata di notte e con attori come Huff, che non si distinguono dalla propria ombra.

Per la prima parte del film si ride di gusto, in faccia agli attori sgangherati e di una regia quanto meno approssimativa, poi passa la voglia di ridere e arriva la tristezza. Infine la consapevolezza che Brent Huff sta per fare un bel salto di qualità, visto che sta per finire nelle mani di Bruno Mattei. Sempre di serie Z si tratta, ma almeno si ride fino alla fine.

L.

Recensione da Il Zinefilo