LA TERRA CONTRO I DISCHI VOLANTI

 

Una flotta di dischi volanti proveniente da un altro sistema solare giunge ad una base dell’esercito americano in cerca d’aiuto per salvare il proprio pianeta. All’inizio gli alieni umanoidi tentano di stabilire un contatto pacifico con lo scienziato Russ Marvin e sua moglie Carol. Tuttavia i militari decidono di attaccare a colpi di mortaio e agli alieni non resta che il contrattacco…

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

Titolo originale:Earth vs. the Flying Saucers
Anno: 1956 I Paese: u.s.a.
Regia: Fred F. Sears
Attori: Hugh MarloweJoan TaylorDonald Curtis
 

 

 

Smettila di leggere quelle stupide riviste. Vuoi capirlo che sono tutte fantasie? Spegni la luce, e dormi! È quasi mezzanotte…”

Per Rimedonte era una frase ormai consueta, quella che da mesi -tutte le sere- andava a sostituire il classico “Buonanotte”. Bambino intelligente, diverso, a cominciare proprio da un nome più unico che raro. Lo aveva scelto la madre, appassionata di storia e mitologia. Donna sensibile e còlta, prima che ottima madre e buona moglie. Diverso era il papà. Severo, piantato con i piedi per terra. Non gradiva quelle riviste che la madre, due o tre volte al mese, gli comperava in edicola. Riviste patinate, con copertine colorate e dedicate a loro: Ufo e Alieni. Rimedonte, pur nei suoi acerbi (dodici) anni, era irresistibilmente attratto dall’idea che qualche altra forma di vita, sconosciuta agli uomini, si agitasse là fuori. Che nel profondo e buio orizzonte che si trovava davanti agli occhi, qualche altro essere vivente, diverso da quelli conosciuti e noti e proveniente da un luogo remoto, si stesse muovendo a velocità inimmaginabile. Guardava dalla finestra del sesto piano: la cameretta buia, come vuole il papà a luce spenta, un silenzio surreale e quelle parole che ancora gli rimbalzavano nelle orecchie: “Sono tutte fantasie“. Il palazzo di fronte, percepibile come una nera e inquietante sagoma, sembrava una enorme scatola piena di fori, alcuni dei quali illuminati più o meno intensamente. Al suo interno qualcuno era ancora alzato, qualcun altro dormiva. Tra loro ci stava sicuramente qualche coppia che faceva l’amore, questo strano gioco ancora poco chiaro, anzi incomprensibile, per Rimedonte. Ma non erano i corpi nudi dei due giovani amanti che si stavano muovendo di fronte a lui, a interessarlo. D’altronde non era una novità, visto che da settimane a questa parte la coppia di sposini era solita, verso le 23,00 e per un’ora abbondante, fare quello stravagante esercizio. Questa volta Rimedonte era incuriosito da un puntino luminoso, appena percepibile, che sembrava ondeggiare a zig-zag in lontananza. Prese il cannocchiale e, con prontezza, lo puntò verso quella fonte di luce. Attraverso la lente, il puntino aveva assunto una dimensione di poco più grande, ma mostrava chiaramente essere di una forma innaturale. Sembrava un piccolo triangolo. Il cuore del piccolo Rimedonte iniziò a battere sempre più forte, in maniera direttamente proporzionale al passare dei secondi. Quanti di loro erano fuggiti dagli orologi? Quanto tempo era trascorso dal primo momento che il puntino era apparso in cielo? Era una notte serena, priva di nuvole e con una luna in fase calante, ormai al suo nadir. In mezzo ad un oceano di luci fisse, immobili, e forse fantasmi di stelle probabilmente estinte da anni, ormai era evidente che quel bagliore non poteva essere naturale. La forma triangolare era un primo indizio, seguito a ruota da uno spettro di colori cangianti che avvolgevano lo strano oggetto. Inutile chiamare papà: lo avrebbe certamente sgridato e magari costretto ad abbandonare l’osservazione. Il piccolo cuoricino di Rimedonte batteva con forza nel petto, e adesso oltre che di intensità, aveva mutato anche la velocità. Ma non per la paura. Rimedonte non aveva paura di quel che stava vedendo. Mentre l’orologio a pendolo, rompendo il surreale silenzio, dall’ingresso lanciava i suoi dodici rintocchi, Rimedonte vide davanti a sé, in tutto il suo splendore, un disco volante. Un UFO vero e proprio. Stazionava perpendicolarmente al palazzo dirimpetto, mentre la coppia di sposi stava ancora giocando, a luci soffuse, in camera da letto. Nella breve frazione di un attimo, un raggio verde-azzurro penetrando dal tetto dell’edificio, piombò sulla coppietta trascinandola fuori dalla finestra. Gli occhi di Rimedonte erano diventati grandi come palline da ping pong, mentre i due corpi nudi -avvinghiati l’un l’altro- sparivano, passando apparentemente attraverso la struttura, all’interno dell’enorme astronave. Ancora pochi istanti, immerso in un silenzio assordante, un arcobaleno prendeva il posto dell’UFO per poi sparire alla vista in un solo secondo…

Andiamo, pelandrone… Sono già le sette e non ti sei ancora alzato!“. La voce di papà tuonava, benevolmente, nella stanza illuminata dai primi raggi del sole. Rimedonte fece uno sbadiglio infinito, era stanco ma pronto per andare a scuola. Si rotolò giù dal morbido letto, ma per prima cosa corse alla finestra: vide la coppia di sposi muoversi nella cameretta di fronte alla sua, e tirò un sospiro di sollievo.

Che c’è? Qualcosa non va?“, chiese sorridente il padre, mentre raccoglieva dal comodino la rivista letta tutto d’un fiato da Rimedonte la sera prima.

No, papà. Tutto a posto. Anzi… hai proprio ragione tu. Su quelle riviste scrivono solo un mucchio di bugie.”

Rimedonte si rivestì in fretta e furia, chiudendo poi la tapparella con un ghigno sconsolato. Se avesse aspettato solo qualche momento, avrebbe forse visto un oggetto triangolare, metallico, sfrecciare alto nel cielo, verso un orizzonte timidamente schiarito dalle prime luci di una nuova alba.

Smettila di leggere quelle stupide riviste. Vuoi capirlo che sono tutte fantasie? Spegni la luce, e dormi! È quasi mezzanotte…”

Per Rimedonte era una frase ormai consueta, quella che da mesi -tutte le sere- andava a sostituire il classico “Buonanotte”. Bambino intelligente, diverso, a cominciare proprio da un nome più unico che raro. Lo aveva scelto la madre, appassionata di storia e mitologia. Donna sensibile e còlta, prima che ottima madre e buona moglie. Diverso era il papà. Severo, piantato con i piedi per terra. Non gradiva quelle riviste che la madre, due o tre volte al mese, gli comperava in edicola. Riviste patinate, con copertine colorate e dedicate a loro: Ufo e Alieni. Rimedonte, pur nei suoi acerbi (dodici) anni, era irresistibilmente attratto dall’idea che qualche altra forma di vita, sconosciuta agli uomini, si agitasse là fuori. Che nel profondo e buio orizzonte che si trovava davanti agli occhi, qualche altro essere vivente, diverso da quelli conosciuti e noti e proveniente da un luogo remoto, si stesse muovendo a velocità inimmaginabile. Guardava dalla finestra del sesto piano: la cameretta buia, come vuole il papà a luce spenta, un silenzio surreale e quelle parole che ancora gli rimbalzavano nelle orecchie: “Sono tutte fantasie“. Il palazzo di fronte, percepibile come una nera e inquietante sagoma, sembrava una enorme scatola piena di fori, alcuni dei quali illuminati più o meno intensamente. Al suo interno qualcuno era ancora alzato, qualcun altro dormiva. Tra loro ci stava sicuramente qualche coppia che faceva l’amore, questo strano gioco ancora poco chiaro, anzi incomprensibile, per Rimedonte. Ma non erano i corpi nudi dei due giovani amanti che si stavano muovendo di fronte a lui, a interessarlo. D’altronde non era una novità, visto che da settimane a questa parte la coppia di sposini era solita, verso le 23,00 e per un’ora abbondante, fare quello stravagante esercizio. Questa volta Rimedonte era incuriosito da un puntino luminoso, appena percepibile, che sembrava ondeggiare a zig-zag in lontananza. Prese il cannocchiale e, con prontezza, lo puntò verso quella fonte di luce. Attraverso la lente, il puntino aveva assunto una dimensione di poco più grande, ma mostrava chiaramente essere di una forma innaturale. Sembrava un piccolo triangolo. Il cuore del piccolo Rimedonte iniziò a battere sempre più forte, in maniera direttamente proporzionale al passare dei secondi. Quanti di loro erano fuggiti dagli orologi? Quanto tempo era trascorso dal primo momento che il puntino era apparso in cielo? Era una notte serena, priva di nuvole e con una luna in fase calante, ormai al suo nadir. In mezzo ad un oceano di luci fisse, immobili, e forse fantasmi di stelle probabilmente estinte da anni, ormai era evidente che quel bagliore non poteva essere naturale. La forma triangolare era un primo indizio, seguito a ruota da uno spettro di colori cangianti che avvolgevano lo strano oggetto. Inutile chiamare papà: lo avrebbe certamente sgridato e magari costretto ad abbandonare l’osservazione. Il piccolo cuoricino di Rimedonte batteva con forza nel petto, e adesso oltre che di intensità, aveva mutato anche la velocità. Ma non per la paura. Rimedonte non aveva paura di quel che stava vedendo. Mentre l’orologio a pendolo, rompendo il surreale silenzio, dall’ingresso lanciava i suoi dodici rintocchi, Rimedonte vide davanti a sé, in tutto il suo splendore, un disco volante. Un UFO vero e proprio. Stazionava perpendicolarmente al palazzo dirimpetto, mentre la coppia di sposi stava ancora giocando, a luci soffuse, in camera da letto. Nella breve frazione di un attimo, un raggio verde-azzurro penetrando dal tetto dell’edificio, piombò sulla coppietta trascinandola fuori dalla finestra. Gli occhi di Rimedonte erano diventati grandi come palline da ping pong, mentre i due corpi nudi -avvinghiati l’un l’altro- sparivano, passando apparentemente attraverso la struttura, all’interno dell’enorme astronave. Ancora pochi istanti, immerso in un silenzio assordante, un arcobaleno prendeva il posto dell’UFO per poi sparire alla vista in un solo secondo…

Andiamo, pelandrone… Sono già le sette e non ti sei ancora alzato!“. La voce di papà tuonava, benevolmente, nella stanza illuminata dai primi raggi del sole. Rimedonte fece uno sbadiglio infinito, era stanco ma pronto per andare a scuola. Si rotolò giù dal morbido letto, ma per prima cosa corse alla finestra: vide la coppia di sposi muoversi nella cameretta di fronte alla sua, e tirò un sospiro di sollievo.

Che c’è? Qualcosa non va?“, chiese sorridente il padre, mentre raccoglieva dal comodino la rivista letta tutto d’un fiato da Rimedonte la sera prima.

No, papà. Tutto a posto. Anzi… hai proprio ragione tu. Su quelle riviste scrivono solo un mucchio di bugie.”

Rimedonte si rivestì in fretta e furia, chiudendo poi la tapparella con un ghigno sconsolato. Se avesse aspettato solo qualche momento, avrebbe forse visto un oggetto triangolare, metallico, sfrecciare alto nel cielo, verso un orizzonte timidamente schiarito dalle prime luci di una nuova alba.

Recensione da FilmTV