BLUE SPRING [sub ITA]

 

Chi riesce a battere le mani più volte, appeso al parapetto sul tetto, diventa il boss della scuola. Kujo, il più abile nel gioco detiene lo “scettro”, ma verso la fine dell’anno scolastico non è più lo stesso, cambiano i rapporti con il braccio destro Aoki e la tragedia è dietro l’angolo.

 

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

 

Titolo originale: Aoi Haru
Anno: 2001 I Paese: Giappone
Regia: Toshiaki Toyoda
Attori: Ryûhei MatsudaHirofumi AraiSôsuke Takaoka
 

 

“Blue Spring” (“Aoi Haru”) è il disagio delle nuove generazioni agli albori del ventunesimo secolo, una tematica scottante che in Giappone sta ottenendo sempre più spazio nel mondo del cinema. Se proprio di recente abbiamo ammirato il notevole “Destruction Babies” (2016) di Tetsuya Mariko, con Toshiaki Toyoda facciamo un bel passo indietro ritornando al 2001: “Blue Spring” è infatti il suo secondo lungometraggio, una delle migliori pellicole di un regista tanto apprezzato quanto osteggiato, anche per via di uno scandalo legato alla droga scoppiato alcuni anni fa.
L’adolescenza è un po’ come la primavera, è l’età della crescita, del cambiamento, in cui la vita sboccia definitivamente: il contrasto tra i ciliegi in fiore che circondano la scuola e questi giovani senza futuro è però impietoso. Tutta la storia praticamente si svolge dentro un liceo, un luogo malandato dove i bagni non funzionano e dove i graffiti deturpano quasi tutti i muri dell’edificio. In classe ci si distrae con poco, ma Kujo (Ryûhei Matsuda) e i suoi compagni trascorrono la maggior parte del tempo sul tetto della scuola, sul quale ci si sfida sospesi nel vuoto in prove di coraggio volte a eleggere il capo della gang.
“Blue Spring”, premendo solo a sprazzi il piede sull’acceleratore, si consuma nel giro di ottantadue minuti. Un film frammentato, in cui le singole scene dominano sulla coesione generale: molte di queste restano ben impresse nella mente, dalle follie sul tetto del liceo fino alle brevi ma significative impennate di violenza, alcune delle quali sfiorano persino il grottesco (ricordiamo le varie sequenze girate nel bagno, tra scherzi di pessimo gusto ed escrementi che finiscono per essere strizzati in mano!). Un bullismo crudele ma inevitabile per poter primeggiare, un male necessario poiché una volta adulti questi ragazzi saranno costretti a combattere ancora di più per trovare il loro posto nel mondo (“people who know what they want, they scare me”). Anarchia e nichilismo, una ricetta semplice ma dannatamente efficace.
L’ottimo lavoro dietro la mdp di Toyoda sfrutta bene ogni spazio, attraverso una regia dinamica e accattivante che nelle ultime battute dell’opera ci offre sprazzi di cinema di altissima fattura, la degna chiusura del cerchio di un film di indubbia qualità. Una menzione a parte merita la quasi onnipresente colonna sonora realizzata dal gruppo garage-punk giapponese Thee Michelle Gun Elephant, brani capaci di graffiare all’improvviso incarnando alla perfezione questa forma di ribellione totalmente fuori controllo. Il futuro è nero, meglio cominciare ad allenarsi fin da subito (c’è infatti chi sceglie di entrare nella Yakuza), in fondo su quel tetto ci si prepara ad affrontare la vita, ma anche la morte.

 

Recensione da Cinema Estremo