QUADRATO DI SANGUE

 

La Chinatown di L.A. è sconvolta dalla rivalità tra i due club di kickboxing, dal momento che lo sport agonistico viene catapultato dall’anello di una palestra a un anello di fuoco.

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

 

Titolo originale: Ring of Fire
Anno: 1991 I Paese: Canada, Svizzera, Germania.
Regia: Richard W. MunchkinRick Jacobson
Attori: Don ‘The Dragon’ Wilson, Maria Ford, Vince Murdocco
 

 

Ring of fireQuadrato di sangue, Don “The Dragon” Wilson… gente, qui prende bene a bestia: tra titolo originale, traduzione italica ed attore protagonista pare volino, fuoco, sangue, draghi, violenza, turpiloquio, tutta roba di cui sono goloso quanto Bud Spencer (buonanima) è bramoso di fagioli e megafrittate.
Inizio così la visione del suddetto Quadrato di sangue (1991) di Richard W. Munchkin ingrifato come un bastone da pollaio nel mezzo dell’aia… non l’avessi mai fatto.

È vero, le arti marziali prendono subito il sopravvento ma con modalità diciamo opinabili: un primo incontro (non si sa dove si combatta né perché) viene vinto da un membro del parentado di Wilson, come scopriremo poi; questi, nell’abbandonare il ring, con gufata vergognosa, lascia il posto all’amicone preannunciandogli un facile successo mentre te, che sei cresciuto a pane e randellate, sai già che verrà sicuramente martoriato: il malcapitato cade nelle grinfie del buon Gary Daniels che, per i suoi capelli lunghi e il riscaldamento prolungato, è additato dal pubblico con fare omofobico manco fosse un Mexes qualsiasi.
Subito dopo ecco due surfisti con la passione marziale di cui uno va a lottare perdendo, causa calcio negli zebedei (insomma, là dove non batte il sole), con uno spettatore ubriaco che chiede (ed ottiene!) un match mentre l’altro dà vita ad una scena di sesso bollente con la sua ragazza nello spogliatoio PUBBLICO e PRIMA dell’incontro, insomma un tipo discreto e professionale.

Stacco, inquadratura successiva, ecco finalmente Wilson che fa il medico (sigh) in un ospedale e discute con un poliziotto che in poche parole lo ritiene un lestofante perché muso giallo. E con questa equazione made in Salvini si conclude un fatidico quarto d’ora che vi prego di rivisitare leggendo sopra: trovatemi una logica.
Forse il regista, chiaramente preda di scimmie urlatrici asserragliate nel suo cervello, voleva solo presentarci le innumerevoli macchiet… ops, personaggi del film. Ora però va anche detto che questo incipit effettivamente un pregio ce l’ha: le arti marziali ci sono, abbondano, spaccano, oh yes. Ecco, peccato che sia il loro canto del cigno: eh sì perché il buon Wilson, medico ex lottatore, pensa bene di innamorarsi della “sorella di quello che faceva sesso negli spogliatoi” nonché attuale fidanzata (Maria Ford) di “quello che è stato sconfitto con un calcio negli zebedei” e da quel momento non si lotta più, Quadrato di sangue una bella cippa, solo love story tra i due, romanticismo e tanta, tanta fuffa. Ma tanta.

Talmente tanta che mi piace ricordarne alcuni “vertici”: come quando Wilson per sbaglio si dichiara a un’ottuagenaria (in una scena che dovrebbe far ridere e invece lascia esterrefatti) o come quando i due si scambiano effusioni marziali sulla spiaggia (e allo spettatore deluso sale l’omicidio preterintenzionale) o ancora come quando, dopo una sera intrisa d’amore assoluto, lei dichiara al nostro che ha in programma il matrimonio con “quello che è stato sconfitto con un calcio negli zebedei”. Really?
In tutto ciò vola via senza pathos la storia parallela, che da titolo dovrebbe essere quella principale, in cui il parente di Wilson guida la riscossa contro i prepotenti surfisti fino allo scontro col loro leader ossia il fratello della Ford. E qui si tocca l’apice dell’assurdo.

SPOILERO un po’ ma, vi prego, concedetemelo: Wilson va dal parente e gli dice di non combattere consigliandogli, per non passare da codardo, di proporre la lotta con frammenti di vetro sulle fasciature sicuro che il surfista si ritirerà. Il surfista non si ritira e uccide il malcapitato: bravo Wilson, il consiglio più idiota nella storia della filmografia.
Un bravo anche al regista, le scimmie urlatrici stanno trionfando, giusto?

Forse l’unica cosa che salvo di questo film sono dei personaggi di contorno talmente ridicoli da risultare spassosi: la ragazza del cattivone ad esempio compare 4/5 volte e nelle prime tre mostra SEMPRE le zinne quasi con protervia (il mammellometro nei film di Wilson sale alle stelle), poi c’è il poliziotto, quello un tantino razzista, che, supportato dai surfisti, ogni volta se ne esce con allusioni e battute scorrette riguardanti i cinesi, il Vietnam, il riso, Pearl Harbor e poi ecco il lottatore ubriaco che beve in ogni sequenza, urina sugli heel del film e col suo comportamento sconsiderato dà il via alla catena di eventi che porteranno alla disfida tra Wilson e il fratello della sua ragazza (ma, ricordiamolo, promessa sposa di un altro).

Su quest’ultima disfida non darò anticipazioni, così come ho taciuto su molte altre anomalie (definiamole così, via) della pellicola, ma vi basti sapere che anche nel finale le scimmie urlatrici “si batterono come guerrieri. Si batterono come scozzesi. E conquistarono la libertà”. Sì, la libertà di fare un Quadrato… di fuffa.

Recensione da Il Zinefilo