LE AVVENTURE DI LEDA

 

Yoko frequenta il liceo ed è segretamente innamorata di un suo compagno di classe. Poiché teme di non riuscire mai ad avere il coraggio di rivelargli i suoi sentimenti, Yoko compone al pianoforte una canzone e la registra su una musicassetta da far ascoltare al ragazzo durante una passeggiata al parco cittadino. Non appena aziona il walkman accade però qualcosa di imprevisto e Yoko si ritrova catapultata sul fantastico pianeta di Ashanti, dove scopre di avere dei superpoteri e di dover combattere contro le truppe del malvagio generale Zell per salvare la Terra.

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Titolo originale: Genmu Senki Leda
Anno: 1985 I Paese: Giappone
Regia: Kunihiko YuyamaShawne Kleckner
 

 

 

Ai più la trama potrà sembrare banale e scontata, ma dietro si cela un forte senso di disagio tra i giovani giapponesi, oppressi dalla fredda e schematica società e dall’urbanizzazione moderna di stampo occidentale che ha trasformato le città nipponiche in agglomerati di cemento grigi e ripetitivi. Se sommiamo tutto questo alla timidezza della protagonista, otteniamo il desiderio di fuggire, anche solo per qualche istante, in mondi paralleli, dove poter diventare eroi o aitanti cavalieri. E, per ottenere tutto questo, bastava un mangiacassette, un paio di cuffie e la song del cuore (magari una granitica ballad hard rock oppure un assolo di pianoforte o, perché no, un brano di musica jazz. P.S. Quante vite hanno salvato gli Iron Maiden?).

Ed ecco Yoko, la ragazzina fan (sic!) creata dalla fervida immaginazione di Kunihiko Yuyama e Mutsumi Inomata, che, lasciandosi alle spalle i grattacieli di Shinjuku, viene catapultata in una mirabolante dimensione alternativa, dove si troverà alla guida di velocissimi velivoli e vestita, o meglio, ‘semisvestita’, di armatura all’ultimo grido che rende omaggio alle sue aggrazianti forme (sempre in bella mostra, of course). Spazi sconfinati, immense foreste popolate da esseri alquanto bizzarri e rovine di civiltà ormai decadute fanno da sfondo alla ricerca del segreto di Leda. Sontuose scenografie in movimento alle quali si aggiungono ammalianti effetti di parallasse e zoomate a profusione (talvolta un po’ troppo leziose) fanno restare attoniti ancora oggi, se calcoliamo che l’OAV in questione è stato prodotto nell’arcaico 1985. Niente appare come obsoleto e molte trovate grafiche, ideate da Hiroaki Goda (uno dei tanti, talentuosi artisti influenzati da Yoshinori Kanada), sono state adottate spesso e volentieri negli anni successivi. Per la gioia dei puristi, non vi è ombra di rotoscope, né di CGI o di fantomatici studi coreani: guardando attentamente si possono notare ancora le gocce di sudore degli animatori impresse sui rodovetri.

Recensione da Animeclick