AFRICA AMA

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Sconvolta dal progresso, l’Africa primitiva sta scomparendo. Il documentario – il cui materiale è stato raccolto percorrendo il cammino dei primi esploratori – è dedicato a quest’Africa morente che è violenta e crudele, ma proprio per questo bisognosa di comprensione.

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Titolo originale: Africa Ama
Anno: 1971 I Paese: Italia
Regia: Alfredo CastiglioniAngelo Castiglioni
Attori: Riccardo Cucciolla
 

Dall’uscita dell’antesignano Mondo Cane nel 1962, l’Italia conosce un vero e proprio boom di pellicole che seguono il trend iniziato da CavaraJacopetti e Prosperi, per portare il genere pseudo-documentaristico del Mondo movie ad un’espansione mondiale che tiene però ben salde le proprie radici nel Bel Paese. L’intento è quello di mostrare e far conoscere agli spettatori realtà mondiali lontane dell’Italia: tribù, popolazioni nomadi, tradizioni, usi e costumi dell’Africa, ma anche del Messico, del Giappone, del Cile e talvolta anche dell’Italia (Mondo Cane 2, 1963, sempre di Jacopetti e Prosperi).

Tra le derive più interessanti c’è sicuramente quella a tema erotico – rappresentata in Italia da Ettore Fecchi (Sexy al neon, 1962), Francesco De Feo (Mondo Nudo, 1963) e più tardi anche da Joe D’Amato (Follie di notte, 1978) – che andrà ad influenzare anche registi del calibro di Russ Meyer: il suo Mondo Topless del 1966 rappresenta infatti un sentito tributo al filone cinematografico italiano.

Ma soprattutto i Mondo movies prendono sempre più una piega sensazionalistica e shockante, tanto da poter essere classificati come i prodotti cinematografici più vicini in assoluto al genere snuff, e si rivolgono ad un pubblico perlopiù voyeurista attratto al cinema dalla descrizione delle atrocità e delle scene forti che ogni singola pellicola mostra.

Accanto quindi al lato puramente iconografico e filmico, si pone fin da subito quello ideologico, che risulta essere una costante quasi assoluta per il genere: la volontà di risultare novelli esploratori di civiltà sperdute e lontane e la pretesa di porsi come sicuri antropologi del mondo occidentale portano progressivamente i registi ad avere una posizione di superiorità sempre maggiore rispetto ai popoli che riprendono ed intervistano, spesso facendo passare ignari individui come analfabeti o incolti, ma il tutto ovviamente filtrato attraverso la mentalità occidentale degli anni ’60 dei registi, che approfittano di queste pellicole per affermare la superiorità della civiltà occidentale e brutalizzare, schernire e degradare le civilità e le relative culture d’appartenenza dei Paesi che andavano di volta in volta a documentare. Questo aspetto fondamentale è connaturato alla natura stessa del genere Mondo, il che rende la maggior parte delle pellicole bollabili ad oggi come razziste, senza mezzi termini.

Il culmine dell’influenza dei Mondo movies in Italia arriva nel 1980, con l’uscita di un film che somma in sè tutte le caratteristiche del genere, esaltandole grazie ad un montaggio ed una narrazione metacinematografica e la volontà di shockare in modo indelebile gli spettatori: ovviamente parliamo di Cannibal Holocaust del maestro Ruggero Deodato, il resto è storia.

I due fratelli iniziano fin da subito ad ottenere risultati importanti in campo antropologico, documentando attraverso la fotografia e vari scritti gli usi rituali e iniziatici di diversi gruppi etnici del Golfo di Guinea e del bacino del fiume Congo. Ma il vero metodo di ricerca che ben presto i Castiglioni iniziano ad utilizzare è quello del documentario cinematografico, che gli vale diverse partecipazioni e una vittoria alla Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto.Ma arriviamo a parlare del film che dà il titolo a questo articolo; per farlo dovremmo tornare indietro di qualche anno, precisamente al 1959: Angelo ed Alfredo Castiglioni (quest’ultimo venuto meno nel 2016) sono due gemelli che, freschi di laurea in economia e commercio, cambiano strada, si appassionano all’archeologia e iniziano ad effettuare ricerche e spedizioni in giro per il mondo, soprattutto in Africa, specializzandosi man mano nel campo dell’antropologia e dell’etnografia.

La carriera dei fratelli Castiglioni procederà a gonfie vele per tutta la loro vita; infatti i due ricercatori hanno contributo a una mole di scoperte archeologiche impressionante, tra le quali la più importante ritengo sia quella del ritrovamento dell’antica città mineraria di Berenice Panchrysos nel 1989, città che viene citata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Inutile dire che per questo ed altri innumerevoli meriti nel campo della ricerca, i Castiglioni sono stati insigniti di diversi premi ed onorificenze, non solo in Italia, ma anche in Francia e negli USA. Merita sicuramente una visita il loro museo personale.

Africa Ama è la seconda pellicola ad opera dei fratelli Castiglioni, che comunque non gireranno quasi mai i loro documentari da soli, anzi in questo caso si fanno aiutare da altri due registi: Guido Guerrasio – presente in altri due film dei registi – e Oreste Pellini. Il film esce nel 1971 e l’anno seguente è accompagnato da un libro fotografico che va ad ampliare il materiale già consistente della pellicola.L’interesse nel mondo del cinema e del documentario shock interessa i due ricercatori tra il 1969 e il 1982: in questo lasso di tempo infatti Angelo e Alfredo riescono a girare ben cinque pellicole a tema sull’Africa, certamente influenzati dalla moda dei Mondo movies e forse anche mossi dalla voglia di dare una voce più auterevole, oggettiva e anti-eurocentrica a quelle popolazioni che erano state fin troppo degradate, ma di questo ne riparleremo.

La prima cosa che possiamo notare, nel primo secondo del film (aperto in realtà da un improbabilissimo barrito d’elefante), è la voce narrante di Riccardo Cucciolla, attore noto per esser stato protagonista nel film Sacco e Vanzetti (1971, regia di Giuliano Montaldo) al fianco di Gian Maria Volonté, ma anche nel mitico Cani Arrabbiati (1974) di Mario Bava. La voce squillante di Cucciolla si staglia fiera su una cartina geografica dell’Africa, introducendo i primi dati significativi raccolti dai fratelli Castiglioni sulle civiltà primitive del Continente Nero; la voce narrante ci accompagnerà per tutto il corso del film, traducendo dialoghi e affermazioni tra gli abitanti delle tribù e dando spesso e volentieri informazioni di carattere antropologico mai troppo tecniche o complesse, il che è un bene per la fruibilità della pellicola, ma il più delle volte le opinioni dei due ricercatori filtrate dalla voce di Cucciolla rischiano di far storcere il naso per la loro superficialità, il loro dare per scontato determinate caratteristiche culturali delle tribù prese in esame e l’ironia che trapela dalle loro parole, che alla lunga risulta irritante.

Ma c’è un “ma”: la volontà dei registi sembra voler essere quella di riportare opinioni il più possibile oggettive e comprovate dalle loro ricerche e dai loro studi nel settore, difatti non prevale mai un aspetto banalizzante e denigratorio rispetto alle immagini che vengono mostrate, ma ci si ferma ad osservare, descrivere e valutare sulla base della cultura di riferimento del popolo preso in esame, le pratiche e gli usi che mano a mano vengono evidenziati. Da qui ci possiamo ricollegare alla citazione all’inizio dell’articolo: tutto il materiale recitato da Cucciolla porta la firma dei due registi e anche in questo caso è così; ma i Castiglioni collaborano spesso con personalità del mondo della cultura, tra le quali c’è proprio lo scrittore Alberto Moravia, che contribuisce alla scrittura dei commenti dei film. Il sodalizio sarà duraturo e porterà ad un intero commento scritto da Moravia per la terza pellicola dei Castiglioni, Magia Nuda (1976).

Passiamo quindi alla descrizione delle immagini del film e di ciò che i registi vogliono mostrarci, partendo col dire che si parte subito in quarta con lo shock e l’estremo e non si rallenta neanche per un secondo; I Castiglioni non puntano il dito con le parole, ma per quel che riguarda le immagini non si risparmiamo davvero nulla.

Una reale trama non c’è, si può però notare come il film proceda a mostrarci progressivamente le zone più primitive dell’Africa – le zone visitate sono quelle non ancora toccate o appena sfiorate dai bianchi: l’Alto Volta, il Dahomey, certe regioni del Togo, del Camerun e del Ciad – e poi quelle più civilizzate e conseguentemente occidentalizzate. E l’occidente con la sua modernità non è dipinto in modo positivo, bensì decadente e spersonalizzante, rappresentato dall’uso inconsapevole e disinteressato di droghe e alcool e dalle sale da ballo sporche, fatiscenti e simbolo del degrado capitalistico. Inoltre i temi che il film affronta girano tutti intorno alla sessualità, vista come iniziazione, mistero, fede, magia, garante della giustizia e tappa fondamentale della vita, a cui bisogna arrivare dopo una preparazione lunga e dolorosa, che sviluppi la consapevolezza di ogni individuo. Il fulcro vitale delle popolazioni è quello del rapporto fra uomo e natura, un rapporto diretto, rispettoso, pressoché sacrale.

Senza approfondire ulteriormente elenchiamo qui alcuni dei temi e delle immagini salienti che la pellicola offre:

  • Bambini che, prima di diventare adulti, per dimostrare di essere ormai uomini, devono uccidere con le proprie mani il loro cane, compagno d’infanzia, e poi mangiarselo.
  • Torture brutali per mostrare la propria virilità, tra cui frustate sotto le ascelle e bastonate di vario genere.
  • Scarnificazioni corporee e tatuaggi eseguiti con lame e altri oggetti contundenti, per esaltare la bellezza femminile.
  • Galline e pecore sgozzate e dissanguate, per berne il sangue ed usarlo per rituali magici e d’espiazione.
  • Avulsione degli incisivi (queste scene mi hanno distrutto dal dolore e sono praticamente all’inizio).
  • Aste tra omosessuali per scegliere il compagno migliore, nonchè scene di odio verso gli omosessuali e gli albini.
  • Vari rituali di morte appositamente riservati ai bambini, tra cui seppellimenti, mummificazioni atte a propiziare la resurrezione del presunto cadavere e decapitazioni.
  • Falli giganteschi di diversi materiali ereditati da generazioni intere, utilizzati dai padri delle giovani donne che si occupano in prima persona di far perdere la verginità alle proprie figlie prima della prima notte di nozze.
  • Amputazione di una mano causa morso di un serpente.
  • Parti naturali senza censura.
  • Circoncisioni, asportazioni del clitoride ed infibulazioni crudeli eseguite con strumenti rudimentali e moderni in mezzo ai boschi, nei fiumi o dentro buie capanne, che provocano vari litri di sangue.

Mi fermo su questo punto, intanto per non svelare troppo del film e poi perchè mi sembra che il livello di shock che la pellicola offre sia già abbastanza chiaro; considerando che poi è tutto reale e ben poco (a quanto sappiamo) è costruito a tavolino, vi posso assicurare che lo stomaco e gli occhi saranno messi a dura prova parecchie volte. Ma soprattutto mi soffermo sull’infibulazione, perchè su questo tema, considerato normalità ancora oggi in certi paesi africani e non solo, i due registi hanno l’unica presa di posizione di tutto il film, denunciando senza mezzi termini questa pratica inumana che oltre a umiliare la donna le riserva nel migliore dei casi un futuro fatto di continui dolori e vergogne. Le riprese senza censure e le grida disperate di una bambina che subisce questa pratica dalle mani “esperte” dall’anziana del villagio coronano la scena probabilmente più forte di tutto il film.

Tra le altre cose, lo sapevate che in alcuni cinema italiani prima dell’ingresso in sala veniva distribuito un libretto omaggio dal titolo Maternità Nera?

In definitiva Africa Ama è un film forte sotto ogni punto di vista, shockante, estremo e scorretto, che però nasconde in questo caso secondo me, un fondo di pura volontà documentaristica e antropologica, che vuole mostrare, cercare di capire, ma astenersi dal giudicare dove non conosce.

Una regia chirurgica quando serve (cioè sempre) e che non si lascia scappare nessun dettaglio, indugiando spesso sui visi e sui particolari fisici di ogni singolo individuo, rende quindi Africa Ama un documentario imperdibile per chi ha lo stomaco forte, ma anche per chi vuole provare a conoscere qualcosa di inedito e insolito ancora oggi e per chi vuole ragionare e riflettere su quel che accade fuori dalle quattro mura di casa sua e fuori da ciò che trasmettono i telegiornali e che inonda il web. Probabilmente il film più estremo dei due registi italiani, ma certamente non l’unico degno d’attenzione, in futuro su queste pagine potremo analizzare le restanti pellicole ad opera dei Castiglioni.

Il mondo che Africa Ama ci dona sta scomparendo oppure sopravvive ancora? Ma soprattutto dobbiamo considerarlo un mondo da conoscere e da rispettare in quanto tale o da disprezzare cercando di cambiarlo secondo le nostre prospettive occidentali?

Negli anni ’70 forse Angelo e Alfredo Castiglioni hanno provato a dare una loro risposta a queste domande, oggi sta a noi farlo.

Recensione da Shiva Produzioni