FURIA INCONTROLLATA

 

Da bambina causò involontariamente la morte di due ragazzi e la sua psiche ne è rimasta segnata irrimediabilmente. Ora insegna biologia. Uno scherzo pesante dei suoi allievi la spinge verso una follia sanguinaria.

 

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Titolo originale: Hell High 
Anno: 1989 I Paese: U.S.A.
Regia: Douglas Grossman
Attori:  Maureen MooneyChristopher StrykerChristopher Cousins
 

 

Che belle che erano le vhs! Non per la qualità del supporto magnetico, ma per il catalogo infinito che ti permetteva di scegliere se noleggiare l’ultimo blockbuster o il film più miserabile. Una cosa che  il mercato dvd non è mai riuscito davvero a fare e ancora, per fortuna o sfortuna di Malastrana, molti titoli editati nel passato sono purtroppo invisibili.

Le videoteche erano templi coloratissimi, caotici, pieni di ogni genere di film, dagli horror più assurdi ai pornazzi di D’Amato. E c’erano questi raccoglitori di copertine, perchè lo spazio era poco e le vhs non andavano al macero, dove riposavano i film più vecchi che non venivano esposti, gli orrori della Avo o i deliri della Eureka film.

Ecco che un luogo di passaggio diventava quasi una Bisanzio della scienza, con i videotecari che non capivano un cazzo di cinema, ma a te, ragazzino, riuscivano a rifilarti pure un barboso thriller con Liam Neeson in bianco e nero spacciandotelo per un giallo sulla scia di Dario Argento.

Nel mio passato di archeologo delle nefandezze più assurde, la mia arca dell’alleanza, il mio sancho, il mio El Dorado era la videoteca Da Franco di Ponte Tresa con quasi 10 mila titoli in esposizione e ogni domenica ero lì pronto al noleggio. Ecco che in quel caso la scelta del film diventava una ricerca verso non il bello, ma il non visto, e il fatto che esistevano questi faldoni raccoglitori dava uno spessore culturale al tutto. Si perchè l’approccio era da biblioteca, leggevi la trama, toccavi con mano il prodotto e ti immaginavi come poteva essere il film che avresti visto.
Era il sesso telefonico della generazione vhs, l’immaginare l’oggetto del desiderio senza vederlo, e restare, molte volte, come ogni incontro al buio, deluso.
D’altronde il detto “la realtà supera la fantasia” è una stronzata.

Raging fury è stato uno di quei film che mai ho noleggiato.
Magari affittavo un tre o quattromila volte uno Zombi 3, ma mai che mi venisse voglia di prendere un Raging Fury.
Il problema era l‘Eureka video che, tra un assurdo Evil in the woods o un terribile Gli invincibili fratelli Maciste, sapeva essere il peggio del peggio del mercato, grazie anche a queste vhs dalla qualità video penosa.
Raging fury però aveva però una bella copertina con questa donna urlante che sembrava sputata dall’inferno e una mano fatta di radici d’albero a tenere stretta una casa.
Eravamo visivamente nel plagio più totale di Evil dead, ma ad impatto visivo era francamente una bella locandina.
Eppure a quattordici anni fiutavo già l’odore di stronzatona.

Raging fury lo vidi tempo dopo, su Odeon tv, col titolo Furia incontrollata, credo nel ciclo I bruttissimi e mi sembrò davvero di un brutto totale. Nessun mostro, uno slasherino blando e noiosetto. Peccato.

A rivederlo ora dopo tanto tempo Raging fury è rimasto sì brutto, ma ha acquistato anche una certa bellezza sotterranea, quello che l’occhio di un ragazzino non può vedere.

Diciamo che per tre quarti non succede quasi nulla nel film, scherzi, battute alla Porky’s, tante tette, massaggiate, mostrate, sognate dietro le finestre come in un erotico di Sergio Martino, ma, alla fin dei conti, del sangue, del budello e della tensione, quello che ogni buon horror/slasher dovrebbe vantare, nulla o poco più. Come dei preliminari fantastici finiti in un’eiaculazione di tre secondi.

Le parti horror sono condensate in due tronconi del film.
1 – nel brutto incipit dove una bambina arrabbiata, vestita come una cretina, butta in faccia del fango a due bikers, una ragazza e il suo fidanzato, rei di avere staccato la testa ad una bambola, e causando la loro morte. I due cadono su degli spuntoni di ferro vomitando sangue mentre la bambina corre lontano dopo un’espressione comica che dovrebbe essere di terrore.
2- nel finale, dove a 58 minuti dall’inizio (il film ne dura 85 minuti scarsi) la professoressa di sveglia e decide di farsi giustizia con sassi, matite e coltelli.

Siamo davanti, oltretutto, ad un rape & vengeance senza lo stupro, con solo la vendetta. Anche perchè è vero che il gruppo composto da Dickens e i suoi tre sfigatissimi amici penetra nella casa della povera professoressa, la terrorizza a morte, e gioca con lei sessualmente ma non arriva mai al dunque. Quindi anche la vendetta successiva è un colpo di genio della sceneggiatura perchè assolutamente esagerata al danno.
Non siamo davanti alla violenza animale perpetrata ai danni della Jennifer di I spit on your graves, no qui siamo davanti a quattro deficienti che, per passare la serata, hanno deciso di rompere le palle ad una professoressa, e per questo vengono trucidati.
Si finisce per respirare un’aria ambigua, quasi fastidiosa, perché è difficile parteggiare per queste specie di primati umani ma anche per la povera professoressa che, fin da piccola, non ha mai peccato di eccessiva simpatia.

La sceneggiatura di Leo Evans e dello stesso regista Douglas Grossman non pecca molto di originalità e trasuda demenzialità da ogni poro, soprattutto nel proporre idee da parodia in maniera seriosa.
Le carriere dei due d’altronde non hanno dato altro oltre a Raging Fury, soloGrossman ha avuto un momento di tarda celebrità nerd per aver scritto un filmaccio con qualche idea come Zattere, pupe, porcelloni e gommoni di Robert Butler.
D’altronde come restare seri davanti a dei veri imbecilli che pensano che sia più importante rubare una maglietta di un compagno antipatico per incolparlo di un suicidio/omidicio (in che modo poi visto che il suddetto ha passato la serata con amici in un luogo pubblico???), che preoccuparsi di cancellare le prove, occultare il cadavere e darsela a gambe levate. Invece questi fenomeni della sceneggiatura se ne stanno tranquilli, cercano di pulire sì le loro tracce ma solo per lasciarne di nuove, dormono nella casa del misfatto o piagnucolano frasi cretine. Il ciccione della compagnia dei debosciati d’altronde è un personaggio quasi da commedia dell’arte, presente in centinaia di film americani anni 80, molesto, antipatico, capace solo di mangiare o di lamentarsi imbellamente davanti al pericolo. Forse dovrebbe fare ridere, ma regala agli spettatori solo insofferenza.

Ma parliamo dei quattro antieroi della pellicola.
Il ciccione, ovvero Smiler, è stato già presentato, ma mancano all’appello Dickens ovvero il capo banda, John John, un ex giocatore di football accusato di vigliaccheria dai compagni, e Queenie, la bella della combriccola, dalla natura bicuriosa un po’ perversa.

Difficile che Douglas Grossman abbia visto L’ultimo treno della notte di Aldo Lado, ma il personaggio di Queenie, interpretato dalla bella Millie Prezioso, ricorda a tratti la Macha Méril del rape and vengeance italiano, soprattutto per come, ad un certo punto, cerca di spingere il pedale sullo stupro della professoressa, prendendo lei le redini del gioco. E’ solo un abbozzo della sceneggiatura comunque che cambia repentinamente registro e, come molte volte accade, i rimandi sono solo nella nostra testa di cinefili malati. Curioso però come in un film di basso profilo, girato si racconta in 18 giorni soltanto, per mostrare un nudo della Prezioso ci si sia rivolti ad una controfigura. Più plausibile quando lo si fa con Maureen Mooney, la carnefice/vittima professoressa Brooke Storm, al momento delle riprese con l’inizio di un pancione da mamma futura. Cosa abbia spinto la Mooney, attricetta di fama passata da soap opera, a ritrovarsi in uno slasher senza futuro fa parte comunque dei grandi misteri del mondo.

Per il resto i due personaggi maschili di questa specie di Arancia meccanica dei miserabili sono ancora più incolori del ciccione SmilerChristopher Stryker si limita a rivestire con apatia il ruolo di un personaggio sulla carta fortissimo, amorale, psicologicamente deviato, che arriva a minacciare con un coltello un giocatore di football infortunato. Peccato che la sceneggiatura non gli dia lo spazio maggiore di una macchietta rendendo il carattere abbozzato solo ambiguo ma anche superficiale, ricordando senza volerlo i personaggi ellisiani diAmerican Psycho e Meno di zeroChristopher Cousin, uno che avrà una certa visibilità con la serie Breaking Bad interpretando l’amante di Skyler White, è l’attore migliore del lotto, anche perché la sceneggiatura da’ più spazio al suo personaggio, il più tormentato del gruppo. E’ in alcuni momenti che il film sembra vertere in una dimensione più profonda, soprattutto quando si concentra sulla noia di una città di provincia americana, con questi ragazzi senza futuro che si trovano a parlare di fianco ai binari di una ferrovia. Così in alcuni momenti, quando Christopher Cousin si confessa alla appena conosciuta Queenie, regalando alcuni dialoghi meno imbecilli del solito, con la musica incalzante azzeccata, che ci credi quasi di stare davanti ad un film che crescerà davvero in qualcosa di buono. Purtroppo poi rientra sul set Douglas Grossman dopo la pausa pranzo, da’ uno schiaffo all’aiuto regista, neanche fossimo in Boris, e dopo la domanda “Cazzo fai, imbecille?”, urla a Millie Prezioso “Su cara ora mostra le tette”. E la magia finisce.

Eppure, sia dato a Cesare quel che è di Cesare, Raging fury non è diretto male, è diretto in maniera distratta che è una cosa diversa. In alcune scene, come quella lunghissima della palude, riesce a trasmettere un po’ di ansia, ma purtroppo è proprio la sceneggiatura ad essere troppo sciatta e uccidere in momenti buoni. Peccato. D’altronde stiamo parlando di un film che cerca di essere la variante slasher di Carrie e cambia il sangue di maiale in fango, mette in scena comunque una perdente con smanie omicida e fa finire il tutto come nel film di De Palma tratto da King. Senza purtroppo essere neanche l’ombra di King o De Palma, s’intende. Anche se in campo slasher cerca di essere a volte dissacrante, magari non riuscendoci, ma avendo il coraggio di ribaltare il genere facendo indossare delle maschere orribili e spaventose non all’assassina effettiva, ma alle sue vittim

Il reparto effetti speciali purtroppo è disastroso, con scene di morte davvero maldestre, una su tutte la testa di Queenie schiacciata con un sasso, una cosa che non riesci a vedere da tanto male è fatta, ti lascia addosso il disagio tipico dell’amatorialità, una cosa imperdonabile al cinema. Si sprecano anche idee come quella della vivisezione del capo banda da parte della folle professoressa, forse perché non c’erano soldi per gli squartamenti in bella vista.

La vhs Eureka da’ il colpo di grazia con una stessa doppiatrice a rivestire ben tre personaggi (!!!!!) e un adattamento scandaloso dall’inglese. Per farvi capire ad un certo punto arriva Smiler da Dickens urlandogli “John John non c’è! E’ caduto in azione”. Caduto in azione??? Ehhhhhhhh?????

A suo modo comunque Raging Fury è una pellicola maledetta: bloccato per via della morte di Christopher Stryker per AIDS, fu distribuito solo nel 1989, tre anni dopo la fine delle riprese, senza fare un minimo di successo. Un film strambo, orribile, girato in tre licei diversi senza avere nessuna autorizzazione, è l’emblema di un cinema miserabile con punte di sublime, una perla avvizzita di un cinema che non esiste più, quello che poteva essere serie C divertente e incredibile, uno spettacolo medio da drive in fruito in vhs. Senza vhs però si è perso questo gusto ancient, il dvd e la sua perfezione hanno spostato la lancetta verso un cinema di belli e di brutti, dove la via di mezzo non esiste (quasi) più e anche il divertimento nerd è diventato solo acredine hipster che infesta blog, siti e riviste. Hasta la vista alla videoteca Da Franco e alla giovinezza che nessuno ci ridarà più. Nevermore.

Scritto da Andrea Lanza [Malastrana VHS]