VISITOR Q [sub ITA]

La famiglia Yamazaki se la passa maluccio: il padre va con la figlia (prostituta), il figlio picchia la madre (prostituta, tossicodipendente) ed è a sua volta molestato e umiliato dai compagni di scuola. Fortuna che piomba in casa il misterioso Visitor Q…

 

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Titolo originale: Bijitâ Q
Anno: 2001 I Paese: Giappone
Regia: Takashi Miike
Attori:  Ken’ichi EndôShungiku UchidaKazushi Watanabe
 

 
Visitor Q è il VI volume della serie Love Cinema: budget limitatissimo ($70000), pochi giorni di riprese, digitale sgranato. Miike ci introduce nell’universo semidocumentario di VQ con un piccolo artificio retorico, i primi minuti di film “coincidono” infatti col girato del personaggio di Kiyoshi che, armato di videocamera, documenta il proprio incesto con la figlia. Il resto del film mantiene la stessa impronta vérité anche se non mancano momenti visivamente assai curati in termini di composizione e taglio dell’inquadratura. Rimane però il fatto che stavolta Miike sembra decisamente più interessato al profilmico che al filmico: il film si posiziona ovviamente lontanissimo dalle sue produzioni più “commerciali” (The Call) ma anche da quelle più “autoriali” (Audition) o tradizionalmente, eccessivamente miikiane (Ichi The Killer); Visitor Q è infatti un semplice dramma familiare a lieto fine: la famiglia Yamazaki è allo sbando ma un provvidenziale intervento esterno avrà un’influenza positiva ricomponendo incomprensioni e contrasti. Mai come in questo caso, però, uno sguardo sinottico si rende necessario per capire come Miike confezioni questo elogio alla famiglia nucleare (e più nello specifico matriarcale, come vedremo). Il film si apre con una didascalia che recita L’hai mai fatto con tuo padre? e infatti, i primi nove minuti sono dedicati alla rappresentazione semi-hard di un prima imbarazzato (un moderato petting) poi deciso (cunnilingus, fellatio) infine furioso incontro sessuale tra il padre Kiyoshi e la giovanissima figlia Miki, la quale alla fine non mancherà di deridere la modesta prestazione del genitore. Segue a ruota una seconda didascalia Hai mai picchiato tua madre? dopo la quale vedremo, guarda caso, mamma Yamazaki selvaggiamente e ingiustificatamente percossa dal figlio. Nel prosieguo apprenderemo (e vedremo) che madre (tossicodipendente) e figlia (fuggita di casa) si prostituiscono, che il figlio è perseguitato, picchiato e seviziato dai compagni di scuola e che il padre è uno scalcinato reporter il quale, incaricato di realizzare un servizio sui “giovani”, è stato brutalmente sodomizzato col suo microfono dagli stessi “giovani” intervistati e ha dunque deciso di videodocumentare furtivamente le angherie subite dal figlio per farne il proprio riscatto professionale e umano. Questo giusto per farsi un’idea, perché il film prosegue senza esclusione di colpi, siano essi di natura sadomasochistica o necrofila [con tanto di feci espulse dal cadavere inizialmente scambiate per eccita(n)ti umori vaginali. E’ così]. Incredibilmente, però, lo sguardo digitale di Miike è tutt’altro che compiaciuto o morboso. In Visitor Q, cioè, non si scorgono intenti apertamente provocatori o intenzionalmente scioccanti: vengono denotativamente rappresentati dei fatti che vanno connotati. Se si entra in quest’ottica, e si accetta l’idea di assistere semplicemente a vicende familiari sostanzialmente credibili ma iperbolicamente estremizzate dal loro accumularsi, si può dare di Visitor Q una lettura tanto più chiara quanto più improbabile appare il percorso che a essa ci conduce: la famiglia Yamazaki è un concentrato di drammi socio-culturali cristallizzati, apaticamente accettati e irrisolvibili se non ricorrendo a uno sguardo e un consiglio “altri” che aprano gli occhi e scuotano dal torpore. Questo è il ruolo del Visitatore Q del titolo, che piomba nelle vite dei protagonisti a suon di sassate sulla testa (sic). Tale interventismo lapidario va probabilmente letto come figurativizzazione della refrattarietà che soggetti in difficoltà, in situazioni sclerotizzate e drammaticamente accettate (a tavola, nessuno si scompone mentre il ragazzo picchia selvaggiamente la madre), mostrano nei confronti del cambiamento e dell’aiuto esterno, accettabile solo se perentoriamente imposto. In cosa si concretizza tale aiuto del VQ? Nel far recuperare/acquistare alla madre Keiko il proprio ruolo di Madre e imporla come nuovo capofamiglia, in sostituzione del fallimentare marito Kiyoshi (fedifrago, incestuoso, incapace sul lavoro e precox a letto). Che poi tale recupero di femminilità-maternità avvenga in maniera apparentemente folle (il VQ strizza i seni a Keiko facendone uscire fiotti di latte, pratica alla quale Keiko si dedicherà autonomamente con grande entusiasmo) fa parte del gioco miikiano e dimostra, anzi, quanto il cinematografare con insistenza particolari teoricamente “morbosi” (lunghe inquadrature che mostrano il dettagli dei capezzoli-fontana) non abbia niente di gratuito ma sia perfettamente funzionale a intenti narrativi assolutamente chiari quand’anche modernamente “edificanti” (la magnificazione della famiglia matriarcale da costruire sul fallimento di quella patriarcale). Chiarissima ai limiti del didascalico, in tal senso, l’ultima inquadratura che mostra una Keiko sorridente, col marito e la figlia placidamente intenti a succhiare il latte dai suoi generosi capezzoli. E vissero per sempre felici e contenti.

Scritto da Gianluca Pelleschi [www.spietati.it]