IL RAGGIO INVISIBILE [sub ITA]

 

Il Dottor Janos Rukh (Boris Karloff), un ricercatore ungherese molto solitario e misantropo, scopre un raggio invisibile capace di distruggere e allo stesso tempo sollecitare la materia, il “Radium X”. Il Dr. Benet di Parigi (Bela Lugosi) e Sir Francis Stevens (Walter Kingsford) organizzano così una spedizione in Africa per estrarre la materia prima del “Radium X”.

 

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Titolo originale: The Invisible Ray
Anno: 1936 I Paese: U.S.A.
Regia: Lambert Hillyer
Attori: Boris KarloffBela LugosiFrances Drake
 

 

 

Un’ operazione alquanto curiosa da parte della Universal Pictures che mette assieme per l’ ennesima volta le due teste blasonate del momento Karloff e Lugosi nel tentativo di bissare il successo fenomenale di The Black Cat e di The Raven di appena un anno prima. E’ risaputo però che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi e questa volta la Universal tramite lo sceneggiatore John Colton (la cui firma non brilla certo nell’ olimpo di Hollywood) mette in piedi una storia che già di per sè è poco credibile, ma anche adducendogli il beneficio che si tratti di un’ opera di fantascienza, la cosa diventa sempre più buttata lì ad ogni scena che vediamo. Di per sè le singole sequenze non sono da buttare, anzi sono ben fatte e suggestive, soprattutto hanno il prego di tornare al caro vecchio espressionismo tedesco nella parte più gotica del racconto, quella della casa del mad doctor dove godiamo di scenografie ampie e allungate che giocano con ombre che si sviluppano verticalmente. Parlando in generale il risultato assomiglia ad un puzzle di suggestioni attaccate in fretta ma senza rinunciare ai classici clichè imposti dalla produzione come la storia d’ amore e la pena per le sorti del “mostro” , elemento tanto vincente in Frankenstein uno dei primi successi della Universal in campo horrorifico. Con storia d’ amore mi riferisco a questa tresca buttata li che vede un povero Frank Lawton nella parte del belloccio, dimenticato istantaneamente dallo spettatore ogni volta che esce dal campo visivo, senza possibilità alcuna di reggere il confronto con le due leggende del cinema dell’ orrore in bianco e nero. Parlando di Karloff e Lugosi c’è da dire che i titoli di testa indicano chiaramente quale fu il risultato del derby giocato in casa Universal, un bel “KARLOFF” grande e senza bisogno di mettere il nome, seguito da un “Bela Lugosi” in caratteri più piccoli che fa addirittura la parte del buono in questo film (perdendo quindi appeal con il suo pubblico). Per Lugosi questo film fu veramente un inferno, poichè il suo rivale non soltanto veniva pagato 4 volte più di lui, ma da vero inglese si concedeva spesso pause per il thè e per fumare il sigaro, cosa che mandava in bestia l’ attore ungherese a cui dava fastidio il fumo del sigaro (immagino poi che fosse un po’ pretestuosa come incazzatura e nascondesse un tantino di invidia). Parlavo di sceneggiatura un po’ così, bene sappiate che in questo film Boris Karloff, un attore di origini britanniche, interpreta un ungherse che parla un perfetto inglese e Bela Lugosi di note origini ungheresi, interpreta un francese con un forte accento est europeo! Beh forse sono stato un po’ duro con questo film e non ho lasciato trasparire il mio apprezzamento se non a livello tecnico, a livello di gusto. La mia parte preferita è sicuramente quella finale dove Karloff si aggira per Parigi come se fosse Jack Lo Squartatore. E’ fondamentalmente una storia da fumetto sci-fi americano basato sul vecchio copione della scienza che può essere fonte di vita come fonte di morte e dello scienziato pazzo che in realtà è buono ma è pazzo, in pratica è un “mostro di Frankenstein” e un “barone Victor Frankenstein” compresso in un personaggio solo e in tutto questo Lugosi finisce per reggere un po’ la candela come spesso purtroppo accadeva. Concludo con una curiosità: alcune sequenze della discesa di Karloff nella caverna africana sono state riciclate alcuni anni dopo per uno sceneggiato della Universal dal titolo The Phantom Creeps, oltre che all’ omonimo film riassuntivo della serie recensito in questo blog, ironicamente secondo quest’ ultima opera nella tuta anti-calore non dovrebbe esserci Karloff, ma… indovinate chi?

Scritto da Il Guardiano dello Zoo