ABORTO PROCURATO [sub ITA]

 

Il ginecologo Marukido Sadao da circa 8 anni esegue quotidianamente 2/3 aborti nella sua piccola clinica di periferia. Una sera il dottore, riflettendo sulla sua professione prova rimorso verso tutti quei feti uccisi e decide imperterrito di trovare una soluzione concreta al problema che consiste nel separare il sesso dalla procreazione…

 

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Titolo originale: Datai
Anno: 1966 I Paese: Giappone
Regia: Masao Adachi
Attori: Mikio TerashimaReiko EnshoNami Katsura
 

Aborto procurato (titolo originale Datai) è un pinku-eiga in bianco e nero atipico, inusuale ed altamente sperimentale scritto e diretto da Masao Adachi, una delle personalità più anarchiche del nuovo cinema giapponese anni sessanta/settanta nonché pupillo di Koji Wakamastu, qui presente in veste di produttore.

Il film in esame è il primo lungometraggio diretto in totale autonomia dal giovane Adachi; precedentemente il ragazzo si era impegnato con il collettivo Nichidai Eiken, fondato nel 1957 dai cineasti Motoharu Jonouchi, Hiroshi Kanbara, Hiro Ko e Katsumi Hirano.

Adachi con loro aveva già co-diretto un film molto importante e discusso; stiamo parlando di Sain (Vagina Chiusa) del 1963, la cui distribuzione e programmazione inizialmente venne bloccata dalle autorità “competenti” per l’ostentazione di organi genitali, e solo in seguito proiettato ad Osaka e Tokyo grazie all’intervento del laboratorio intermediale Van Eiga Kagaku Kenkyujo; tra l’atro interessante notare come è proprio durante uno di questi eventi che Adachi incontra e conosce Koji Wakamastu, iniziando una lunga e redditizia collaborazione.

Tornando a focalizzarci sul film, Adachi propone un approccio originale dove cinema documentaristico e di finzione si mescolano egregiamente e le prime immagini lo confermano molto bene in quanto consistono in un vero e proprio video d’archivio incentrato sulla nascita e distinto dalle varie fasi del parto, da quella espulsiva fino al secondamento.

Nel corso del film l’imprint documentaristica evolve continuamente; ad esempio l’infermiera dello studio (moglie del protagonista) a molti soggetti, quasi sempre giovani irresponsabili, spiega dettagliatamente cosa sia la fecondazione e le immagini scorrono sullo schermo ricordando i classici Bakusan-Eiga del periodo, film didattici sulla sessualità ma ecco che la critica è dietro l’angolo ed infatti Marukido Sadao poco dopo rimprovera lo donna poiché quanto detto è solamente un’infarinatura scientifica completamente inutile alla formazione di una futura mamma.

Questo approccio si trasforma pure in una sorta di documentario d’inchiesta ed Adachi espone la vacuità delle nuove generazioni, senza valori e dedite solo al divertimento; si incomincia ad intravedere un certo cinema militante e politico che presto diventa marchio di fabbrica del regista e nello specifico in Aborto procurato l’autore mette in scena in modo criptico e stratificato una feroce critica ai costumi culturali del neo-capitalismo nipponico e della falsa ideologia del progresso e dell’etica della scienza.

Chiuso il discorso documentaristico, Adachi non esaurisce la sua verve critica e attraverso un flashback di un poliziotto ricostruisce uno stupro ai danni di una giovane studentesca evidenziando l’elevata violenza sulle donne, evocando concettualmente Embrione dello stesso anno diretto da Koji Wakamastu e sceneggiato da Adachi; il regista inoltre non si risparmia delle frecciatine dirette al suo governo ed in particolare attacca la legge anti-prostituzione (proclamata dalla Dieta nazionale del Giappone il 24 maggio 1956) rimarcando quanto sia dannoso un atteggiamento ipocrita e bigotto. Ciò nonostante Adachi non rinuncia a rappresentare alcune situazioni tipiche del genere pinku-eiga, tuttavia lo fa con molta eleganza ed eros soffermandosi letteralmente sui piaceri della carne: dalla ninfomane sempre alla ricerca di un uomo fino ad arrivare alla moglie del dottore desiderosa del marito.

Ultimo aspetto da evidenziare è l’esigua durata della pellicola: solo 75 minuti, minutaggio ridotto che permette di seguire con facilità un film assai singolare; forse solo nella parte centrale Adachi avrebbe potuto eliminare alcuni soliloqui del protagonista, ma sono quisquilie.

Scritto da Andrea Venuti