GOZU

Ozaki (Sho Aikawa) è un noto yakuza ma viene improvvisamente colpito da un grave squilibrio mentale a tal punto che il suo Boss si convince di eliminarlo; l’ingrato compito viene affidato a Minami (Hideki Sone), una sorta di protetto di Ozaki che non vorrebbe eseguire l’ordine. Minami deve portare Ozaki in un luogo sicuro a Nagoya, dove quest’ultimo verrà eliminato e fatto sparire da alcuni “professionisti”, tuttavia una volta raggiunto il luogo Ozaki scompare improvvisamente; per minami inizia una sorta di viaggio onirico-infernale in cui farà di tutto per ritrovare l’amico…

 

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PARTE 1

PARTE 2

 

Titolo originale: Gokudô kyôfu dai-gekijô: Gozu
Anno: 2003I Paese: Giappone
Regia: Takashi Miike
Attori:  Yûta SoneKimika YoshinoShôhei Hino
 

 

Prima ancora di procedere all’analisi del film è importante evidenziare alcuni aspetti legati alla produzione. Miike è tra i registi più più dinamici e poliedrici in attività; dai primi anni Novanta in poi ha cominciato a dirigere di tutto, riuscendo quasi sempre ad imprimere una propria visione contenutistica e stilistica, detto questo il soggetto di Gozu non gli garbava assolutamente e non voleva dirigerlo ma i dirigenti della Toei avevano già iniziato la pre-produzione per questo motivo diedero carta bianca al regista, il quale chiamò Sakichi Sato per fargli riscrivere la sceneggiatura da capo (senza dire nulla ai produttori) per poi dirigerlo con uno spirito iconoclasta e anarchico da fare invidia alle opere più sperimentali Wakamastu oppure Imamura, ed il risultato è uno dei capolavori massimi del regista.

Analizzare un film come Gozu non è assolutamente facile poichè ogni inquadratura è densa di signifciato e ci si potrebbe scrivere un libro di centinaia di pagine, evidenziando svariate ipotesi, detto questo è possibile individuare alcuni temi molto presenti nella filmografia dell’autore. Partiamo dal protagonista Minami; del suo passato, tranne alcuni aneddoti che ci vengono raccontati da Ozaki, non sappiamo assolutamente nulla tuttavia si capisce chiaramente come il ragazzo sia un emarginato, con problemi di socializzazione che ha trovato nella yakuza la sua “vera” famiglia, e già questo è uno degli aspetti più importanti della poetica di Miike, che ama focalizzarsi su soggetti borderline ai margini della moderna e capitalistica società nipponica. Minami  dunque è uno yakuza che deve uccidere un altro yakuza, e per chi non ha visto il film, questo basta -giustamente-  per considerare Gozu uno yakuza-eiga, genere amato dal regista tuttavia Miike sfrutta questo contesto per poi proporci altro; un film impossibile da catalogare, un viaggio onirico/infernale in cui interagiscono con il nostro protagonista dei personaggi assolutamente grotteschi e fuori da ogni schema.

Nel film inoltre, anche se in modo atipico, emerge anche il suo spirito critico verso la sua società dove ci mostra una malavità priva di qualsiasi morale, una polizia del tutto assente ed insignificante oltre ad alcune scoccate molto velenose; mi riferisco ad esempio alla sequenza in cui Minami, durante il suo “viaggio” alla ricerca di Ozaki, viene mandato da una americana che gestisce un negozio di liquori. Il tizio che lo ha indirizzato tuttavia prova quasi disprezzo per la giovane, poichè una straniera non può gestire un negozio del genere molto legato alla cultura locale, nonostante essa sia «più giapponese dei giapponesi», chiaro riferimento di Miike al comportamento di alcuni suoi concittadini verso i gaijin (stranieri). Continuando con le tematiche, nel film troviamo una forte attenzione verso la sessualità, tra cui non mancano rapporti sessuali atipici  (marchio di fabbrica del regista) e oserei dire molto perversi (il Boss durante il coito ama infilarsi un mestolo metallico su per il suo ano, non aggiungo altro) fino ad arrivare a rapporti incestuosi. Detto questo ciò che più emerge da queto film sono i richiami ad alcune celebri teorie psicoanalitiche di matrice freudiana; dal Complesso di Edipo per arrivare al Complesso di Giocasta, ma messe in scena in maniera assai innovativa dove grottesco, horror, no-sense ed esistenzialismo si mischiano alla perfezione, lasciando lo spettatore semplicemente a bocca aperta (le scene da citare sarebbero molte, ma non voglio rovinare la sopresa a coloro che ancora non hanno recuperato il film) Ottima anche la regia dove permane un taglio orrorifico con alcune false soggettive, improvvise zoomate e repentine carrellate circolari, il tutto alternato ad un approccio amatoriale con macchina a spalla oppure da uno stile “classico” alla Ozu con la macchina da presa rigorosamente fissa, fino ad arrivare al folle e splatter/trash finale, estremamente significativo. Bravissimi anche gli attori. Capolavoro di Miike che libero da ogni imposizione produttiva, e nonostante un budget quasi nullo, tira fuori un film immenso.

«Tutto quello che sto per dire è soltanto uno scherzo, perciò non prendetemi seriamente»Ozaki prima di uccidere un cagnolino che secondo lui rappesentava una minaccia essendo «un cane yakuza che attacca yakuza»…..

Scritto da Andrea Venuti

One Reply to “GOZU”

  1. Calvin

    Complimenti bella recensione per questo che è, a mio avviso, un vero CAPOLAVORO della storia del cinema.