LA CROCE DALLE SETTE PIETRE

La pellicola, totalmente finanziata dallo Stato, racconta l’incredibile vicenda di Marco Sartori da Roma che si reca a Napoli per incontrare la cugina Carmela, tra l’altro venuta su niente male. Il nostro eroe, per nulla inibito dall’eventuale incesto, tenta di sedurre la ragazza raccontandole la sua triste storia. L’esperienza in collegio e i duri anni di lavoro alla Germania. La straordinaria bellezza del protagonista esige per contrappasso un mare di guai. Uno scippatore porta via allo sprovveduto Marco una collana con una croce gemmata, che gliel’aveva pure regalata la mamma e c’era tanto affezionato. Da questo momento inizia una nuova travagliata avventura del romano in trasferta che pur di rientrare in possesso del maltolto è pronto a sfidare la camorra.

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Talisman è una versione rimontata de La Croce dalle Sette Pietre
realizzata negli anni ’90 prodotta da investitori stranieri.
 

Titolo originale: La Croce dalle Sette Pietre
Anno: 1987 I Paese: Italia
Regia: Marco Antonio Andolfi
Attori: Marco Antonio AndolfiAnnie BelleGordon Mitchell 

 

La Croce delle Sette Pietre (Italia, 1987) è un film (di merda) di genere horror diretto, scritto, sceneggiato e interpretato da Marco Antonio Andolfi, con Annie Belle, Gordon Mitchell e Mario Donatone. Questo qui è uno di quei film da evitare proprio come la peste, il cancro del cinema generale e soprattutto di quello italiano. Uno dei peggiori film horror datati anni ’80. È un’altra di quelle pellicole in cui, insieme a Dracula 3D, non si salva niente. Sinceramente non ho mai visto una sceneggiatura tanto pessima, ma già il fulcro della storia, cioè quello di piazzare un lupo mannaro a Napoli e farlo scontrare con la camorra, è già troppo brutto di suo. Prima di andarne a parlare dello specifico, dovete sapere che Marco Antonio Andolfi, per mancanza di mezzi e a causa del poco budget a disposizione, oltre a ricoprire l’incarico di regista, interprete e sceneggiatore, doppiò sette personaggi, interpretò due personaggi secondari e svolse in due occasioni anche il ruolo di stuntman. Non chiedetemi dove, quando e come, perchè in questo film ho capito davvero poco, se non niente. Il vuoto. Scene con un significato a dir poco scialbo si susseguono negli altrettanto autopunitivi 88′ min., cioè tutta la durata effettiva del film, sempre se questa cosa qui può essere considerata “film”. La recitazione è veramente scadente, difatti gli attori sono pochissimi, la maggior parte sono solo comparse prese per strada o nei dintorni di Napoli stessa. Mi stupisco di come abbiano fatto Annie Belle (nota per “Rosso Sangue” di Joe D’Amato, 1981) e soprattutto il ben più noto Gordon Mitchell a finire in questo simile obrobrio, considerato uno dei pilastri trash del cinema mondiale. In questo schifo, tra l’altro, ho riscontrato anche Mario Donatone. Vi starete sicuramente chiedendo chi è… ebbene, si tratta del killer siciliano ‘Mosca’ del celebre “Il Padrino – Parte III” (1990). Ovviamente non frega niente a nessuno, poichè un solo attore non basta a salvare un simile scempio, ovviamente. La messinscena di questo film è altrettanto ridicola, con dei poco credibili “attori” che interpretano personaggi assolutamente inappropriati. Non ci sono scene memorabili, non c’è un dialogo degno di nota, fa tutto schifo. Non avrei mai dovuto vederlo, ma l’ho fatto e posso davvero dire che fa cagare. Magari sarò ripetitivo nell’offenderlo sempre con gli stessi termini, ma è così. Non ci sono altri vocaboli per descriverlo. Vediamo cose senza senso: una messa nera in atto per tutto il film senza un minimo significato logico e apparente e per citarne un’altra il protagonista che quando si detrasforma dal famigerato “lupo mannaro” tornando umano, ha ancora tutti i vestiti integri. Parliamo adesso del pericoloso, perfido e brutto “licantropo” (eh?) È davvero un licantropo? Ah, se è così non me ne sono accorto, poichè sembra TUTTO tranne che un licantropo. L’attore indossa semplicemente una maschera pelosa, si mette un cosetto peloso per coprire il birillo e se ne va in giro a culo nudo per pochissimi minuti ad uccidere la gente semplicemente squagliandola con lo sguardo. Davvero terribile. Un tizio che tra l’altro si trasforma in lupo mannaro (se non ha la sua croce) quando è mezzanotte, senza tener conto se la luna sia piena oppure no. Un’altra cosa veramente fastidiosa è sentire gli interpreti che per tutto, e dico per tutto il film, nominano sempre San Gennaro, dicendo frasi inequivocabili come “San Gennaro aiutami tu” o simili come “Oddio San Gennà!!”. Altra merda si manifesta con l’orrido montaggio, sempre curatissimo dallo stesso Andolfi, al quale davvero vorrei chiedergli in un’intervista perchè ha voluto realizzare questa pellicola, sia per tutti noi che per lui. Evviva gli effetti speciali di cacca, perchè questo film non è pieno zeppo (fortunatamente) ma quelle poche volte che li vediamo basta a farci suicidare non una, ma due volte. Le scenografie fanno schifo, le location sono tutte uguali e nel finale, inaspettatamente compare un fotogramma di Gesù sullo schermo, forse per salvarci da quest’orrida pellicola del demonio, che in tale scempio si “manifesta” sotto il nome di Aborym (demonio che effettivamente nel film non vedremo mai). In tutta sincerità non ho capito affatto il finale, nè tantomeno moltre altre cose che succedono prima del finale. Se lo avete visto, spiegatemi voi perchè io davvero non lo so proprio. In più, ho anche scoperto che Marco Antonio Andolfi ha realizzato un mediometraggio come sequel a questo aborto, il cui titolo è “Riecco Aborym”. Non lo vedrò mai.

Scritto da Giuseppe Rocca [Filmaniac]