ALLARME ROSSO

 

Dietro la copertura del centro di ricerche Agrotek per lo sviluppo dell’agricoltura i servizi segreti stanno avviando una serie di esperimenti miranti al perfezionamento di segretissime armi batteriologiche. Quando nello stabilimento si verifica un improvviso malfunzionamento delle macchine, dai laboratori fuoriesce un terribile gas che agendo sui centri nervosi inibisce la ragione e fa esplodere una incontrollabile aggressività. Per misura cautelare l’intero complesso viene immediatamente chiuso ed il personale vi rimane prigioniero. Su Cal Morse, sceriffo della cittadina presso la quale è situato lo stabilimento, pesa adesso una doppia responsabilità: denunciare lo scandalo anche a rischio della propria vita e soccorrere la moglie Joanie che ad Agrotek, in buona fede, crede di lavorare per i suoi concittadini.

 

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Titolo originale: Warning Sign
Anno: 1985 I Paese: U.S.A.
Regia: Hal Barwood
Attori:  Sam WaterstonKathleen QuinlanYaphet Kotto 
 

Con Allarme rosso non stiamo parlando del bel thriller sottomarino di Tony Scott, ma di un misconosciuto (e interessante) horror (quasi) zombesco del 1985.

Devo dire che, pur avendo affittato milioni di vhs negli anni 80/90, di questo film, uscito all’epoca per la CBS FOX, non ne ho nessun ricordo, probabilmente non mi capitò mai tra le mani.

Non sapevo che aspettarmi ed è stata una sorpresa trovarmi davanti ad una pellicola a suo modo anticipatrice di umori che saranno alla base di cult futuri come il 28 giorni dopo di Danny Boyle.

Nulla mi toglie dalla testa che più che più che al The crazy (La città verrà distrutta all’alba) di George A. Romero,  con la stessa idea di un virus che rende folli le persone, il regista Hal Barwood con lo sceneggiatore Matthew Robbins, abbiano guardato al lenziano Incubo sulla città contaminata. Idea non sballatissima, forse, visto che il serrato horror nostrano del 1980 sbarcò, stando a credere a IMDB, negli USA il 18 Novembre 1983 come Nightmare city. In più questi pazzi assassini e sadici che usano come armi le asce antincendio per far fuori le persone sono proprio, casualità o meno, figli proprio di quegli infetti assetati di sangue, comandati in entrambi i film  da uno scienziato ancora più fuori di testa.

Quello però che differenzia Allarme rosso da un clone di Lenzi o Romero è l’idea brillante di creare uno strano mix tra elementi eterogenei: uno figlio di questa corrente zombi non zombi, l’altra invece parto, o aborto, di pellicole più realiste come Silkwood di Mike Nichols e Andromeda di Robert Wise. Per farvi capire meglio: mentre fuori c’è un dispiegamento di militari che cercano di arginare la minaccia batteriologica con un approccio serio alla Virus letale di Wolfgang Petersen, dentro, nel laboratorio, dove l’epidemia si è moltiplicata, c’è una vera Notte dei morti viventi con questi infetti che a volte sono veloci e a volte camminano più lentamente di un resuscitato del 1943 di Jacques Tourneur.

Il mescolone però è stranamente saporito: non annoia nelle parti seriose, ed è abbastanza emozionante in quelle horror con personaggi non proprio tagliati con l’accetta e dialoghi per lo meno scritti con un certo gusto. Ad un certo punto, per esempio, lo sceriffo protagonista, interpretato tra l’altro da un Sam Waterston (Urla del silenzio di Joffè) spaesato (e fuori parte) come pochi, mostrerà tutta la sua umana codardia, lui che dovrebbe essere l’eroe, quando, nel calarsi attraverso un impianto d’aerazione verso, forse, morte certa, tentennerà non poco con frasi come “Non ce la faccio“o “Ho paura“. Contando oltretutto che la missione è quella di recuperare la fidanzata prima che dei pazzoidi la facciano a pezzi, non è che questo gli renda particolare onore. Però il suo comportamento certo dona al personaggio un’inaspettata (e simpatica) umanità. In quanti ci saremmo d’altronde cagati addosso all’idea di addentrarci in un luogo pieno di assassini, amore o non amore? Per dirla alla Gialappa’s: “Chi non alza le mani è un  sacripante”, io per primo.

La regia di Hal Barwood è molto buona e tanto deve però, come resa finale, alla straordinaria fotografia color pastello di Dean Cundey, uno che qualche anno prima aveva lavorato per cult horror incredibili come Halloween, La cosa e Fog di John Carpenter.

Gli attori sono, a parte il già citato Waterston, tutti abbastanza in parte. Fa sorridere però, soprattutto per chi è fan di Scuola di polizia, la presenza di G.W. Bailey, il sergente Harris del cult di Hugh Wilson, in un ruolo serio. Siamo sempre in attesa che urli sguaiatamente “Proctor, razza di imbecille, dove ti sei cacciato!“. Cosa che per fortuna non accade, ma si sa, come nel caso di Leslie Nielsen, alcuni ruoli sono per sempre, anche quando sei portato per essere un bravo attore drammatico.

Sul versante sangue siamo scarsini, ma la produzione sembra più alta, sia come ambizioni che come budget, di un qualsiasi horror splatter di cassetta dell’epoca. Peccato perché si fosse più calcato la mano sulla violenza, un po’ sulla scia del modello di Lenzi, il film ne avrebbe sicuramente guadagnato.

Leggenda vuole che nella sceneggiatura la ditta di fertilizzanti, scenario della vicenda si chiamasse Biotech, ma per evitare casini con aziende omonime, la si ribattezzò Biotek.

Noi di Malastrana vi consigliamo il recupero di questo film. Un probabile cult purtroppo mai diventato cult che meriterebbe maggiore fama. Fateci sapere poi se vi è piaciuto.

Andrea Lanza

Recensione a cura di Malastrana VHS