LIVING HELL [sub ITA]

 


La vita di Yasu (Hirohito Honda), ragazzo problematico in sedia a rotelle, è sconvolta dall’ arrivo di due ospiti in famiglia. Si tratta di due parenti lontani, la vecchia Chyo (Yoshiko Shiraishi) e sua nipote Yuki (Naoko Mori). Mentre i fratelli e il padre non si accorgono di nulla, Yasu viene perseguitato dai nuovi coinquilini della casa che iniziano a torturarlo crudelmente, prima psicologicamente con il loro aspetto spettrale, e poi fisicamente. Intanto un giornalista (Shugo Fujii) sta indagando su un efferato omocidio avvenuto un anno prima, un accaduto che vide in prima persona coinvolta Chyo e sua nipote…

 

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Titolo originale: Iki-jigoku
Anno: 2000 I Paese: Giappone
Regia: Shugo Fujii
Attori:  Hirohito Honda, Yoshiko Shiraishi, Rumi
 

 

Se non fossi un cinefilo vorace e convinto giudicherei questo Living Hell come un film riuscito per metà, un j-horror dalle ambizioni un po’ troppo pretenziose che di buono ha solamente il trucco spettrale dei “cattivi” e le riuscite scene di thrilling lungo tutto il minutaggio. Ma per me non è così. Sarebbe veramente semplicistico e ingiusto parlare in questi termini di questo esperimento cinematografico eterogeneo. Shugo Fujii (il regista-sceneggiatore che interpreta anche il ruolo del giornalista), scrivendo questo film guarda indubbiamente al cinema americano che ha cambiato la storia del genere e afferra a piene mani materiale cerebrale da PsychoNon Aprite Quella Porta (non a caso il film è presentato in occidente come “The Japanese Texas Chainsaw Massacre”), ovvero le due fortunate deviazioni che, come dei check point, hanno rappresentato quei punti di riferimento da cui ripartire per tutti i cineasti che scelsero di fare horror da allora in avanti. In fase di realizzazione però Fujii non si assoggetta al gusto filo-statunitense, ma rimane fedele alla tradizione nipponica dello psycho / splatter più frenetico e deviato. Il regista mette in scena una vera e propria salita (o discesa) verso un vero e proprio inferno. Il viaggio è vettoriale e la tensione angosciante si sviluppa in crescendo come la passione di Alighieri verso il centro dell’ inferno (non per niente sia nel titolo intrenazionale, sia in quello originale è contenuta la parola “inferno”). Nonostante Fujii non sia considerato un mostro sacro, penso che questo film abbia realmente un suo perchè; in primis perchè non annoia mai ed è uno di quei film dove lo spettatore sa che sta per succedere qualcosa di terribile, ma non si aspetterà mai quello che in realtà i suoi occhi poi visioneranno. Non uno splatter esplicito alla Guinea Pig ma, come ho scritto precedentemente,  una discesa nel terrore psicologico e fisico. Un film che guarda artisticamente al cinema nipponico degli anni ’80 e ’90 ma è visibilmente proiettato nel secolo a seguire. Vedere per credere. Curiosità: Girato in soli 9 giorni

Scritto da Il Guardiano dello Zoo