LA NOVIZIA INDEMONIATA

Suor Maria, religiosa che vive in un convento sepolto tra le montagne e che viene molto stimata dalle consorelle per la sua virtù, in realtà si sente perseguitata dal demonio. Una notte, accolta nella propria cella una consorella desiderosa di consolazione, si abbandona a lesbico amplesso con la stessa e finisce per ritrovarsi tra le braccia di un uomo che si dichiara Satana, Lucifero, Mefisto. Da quel momento la condotta di Sr. Maria diviene spaventosa.

 

Il seguente video non fa parte del sito www.cinemazoo.it,
ma è solamente incorporato e presente su un’altra piattaforma.

 

 

Titolo originale: Satanico Pandemonium: La Sexorcista
Anno: 1975 I Paese: Messico
Regia: Gilberto Martínez Solares
Attori:  Enrique RochaCecilia PezetDelia Magaña
 

Una storia di redenzione (poca) e di lotta contro il male – ancora meno. Una storia di discesa negli inferi, di perdita dell’innocenza, una disperata risalita e una nuova caduta. La Novizia indemoniata (dal rassicurante titolo originale Satanico Pandemonium) è tutto questo e molto di più.

La pellicola, con la regia firmata Gilberto Martìnez Solares e la sceneggiatura di Alfonso Martìnez Solares (esatto, sono padre e figlio), è ispirata a The devils (1971) di Ken Russel, pur possedendo un proprio carattere distintivo. Disgraziatamente non avremo la possibilità di assistere a bibbie che si incendiano o a ceri che… lasciamo perdere, non è cosa. Contiene scene anche piuttosto disturbanti, ma il modo in cui è girato il film…  insomma, fa abbastanza ridere, senza mezzi termini. Almeno, per quanto mi riguarda mi sono fatta grasse risate, ma si sa che di cinema non ci capisco niente, per cui è meglio che ti fidi di Quentin Tarantino, che molto ha amato questo film e ha chiamato Santanico Pandemonium la principessa dei vampiri di Dal tramonto all’alba (1996). Intendiamoci, pure io l’ho amato questo film, non ho idea di quante volte possa averlo visto, ma insomma, per essere un film dell’orrore è abbastanza bizzarro.

Il progetto Satanico Pandemonium è stato un progetto di tale importanza da meritare sovvenzioni dallo stato messicano, originariamente pensato per fare da vetrina alle bellezze del paese. Mi pare giusto che abbiano pensato a un nunsploitation, oltretutto in queste condizioni e con attrici scritturate direttamente fra le professioniste di un bordello. Il risultato sarà la forzatura ulteriore della vicenda, riducendo una parte consistente del film a una sorta di “Intervallo”. E sì! ci sono le pecore, paesaggi brulli, sassi, pietre, gineprai, tutti i luoghi tristi che possono venirti in mente. E se pensi che abbiano scelto un set solo per il monastero, vi sbagliate. Ne sono stati scelti tre, di cui uno dal nome impronunciabile: Morelos, Morelia e Tepoztlàn (questo).

Hanno fatto un bel lavoro? Avrei qualche dubbio. La protagonista, Cecilia Pezet, si è ritirata dalle scene lo stesso anno della distribuzione del film, nel 1975. Vedi tu. È un capolavoro del trash? Ovviamente. Invita ad andare in Messico? Col cavolo! Per quello che ne so il turismo messicano potrebbe aver subito un tracollo verticale, meglio puntare su sombreri, nachos e wrestler con mascherina variopinta. Lo capirei già di più.

La trama. Suor Maria (una luminosa Cecilia Pezet) è una delicata fanciulla che passeggia nei prati intorno a un convento, impegnata nel nobile quanto periglioso mestiere della raccolta fiori. Un giorno Maria incontra Lucifero (Enrique Rocha), prima in forma di uomo completamente ignudo e poi di pastorello mela munito. Da quel “Buenas dias hermana” non sarà più la stessa; fugge nel bosco e lo incontra di nuovo, prega e lo vede riflesso nell’acqua. In convento, cercherà conforto nel divino, ma niente, nemmeno a scudisciarsi. Eppure, solitamente funzionava. Apparizioni, sparizioni, assurdità varie con contorno di frutta che rotola senza senso: suor Maria sprofonda nello sconforto. La mela è il segnale che preannuncia il prorompere del male, difatti diventano usuali sequenze di:

  • Apparizione di Satana / pastorello
  • Comparsa della mela
  • Scomparsa della mela
  • Faccia sconvolta di Maria

Tutto questo, fra impietosi frammenti di vita monastica, con suore tormentate da una badessa crudele, suore che dormono su stuoini di paglia e che minacciano il suicidio. Sedute di preghiera alternate a corroboranti momenti di auto fustigazione. Ci sono poi i preziosi momenti bucolici: suor Maria cura una mucca malata di polmonite e già con uno zoccolo nella fossa grazie a un decotto di menta (!?). Non mancano morbosi momenti di seduzione. Suor Maria insidia nell’ordine:

  1. Giovane pastorello che scappa disgustato;
  2. Consorella vagamente passabile;
  3. Consorella tutto sommato belloccia in stile Michelle Rodriguez; peccato che rifiuti e sia brutalmente accoltellata.

Non è che il pastorello faccia una fine migliore: suor Maria gli incendia casa, uccidendo nel rogo la madre… e il gatto. Micidiali i versi della povera bestia, mentre Maria assiste al tutto da lontano, con la solita faccia spiritata.

La dolce suor Maria non esiste più: ora è pronta a fare sempre più del suo peggio – e nemmeno parlo della recitazione. Gli eventi precipitano quando la badessa scopre le malefatte di suor Maria, la quale non perde tempo e secca la povera anziana, finendo con l’essere acclamata a guida del convento dopo aver sofferto pesanti tormenti interiore. Un dramma dopo l’altro fino all’annichilimento totale, nel regno di terrore di suor Maria. E vai di festini e giri di tequila, finché tutti i segreti saranno svelati nel finale.

La scena clou. Maria sta uscendo dal convento dopo aver suicidato (si si, proprio suicidato) una consorella. Una volta nel cortile, la sua attenzione viene attratta dal verso di un gufo appollaiato sul supporto di una lanterna. Senza preavviso parte un suono straziante, nel bel mezzo di un’espressione devastata della Pezet, poi l’inquadratura passa a un primo piano della povera bestia. Passiamo nuovamente sulla faccia sudaticcia di Maria e infine primissimo piano della mela, che cade proprio dal trespolo del gufo. Ora, non è che stia insinuando che le terga del volatile abbiano prodotto la mela, ma spero almeno che nessun gufo abbia subito maltrattamenti in questa favolosa pellicola. Continua il verso stridente del violino scordato finché la nostra eroina fugge, tra facce indescrivibili.


Cecilia Pezet: un caso (dis)umano. Senza questa donna, questo film non sarebbe la stessa cosa. La recitazione della Pezet è da teatro greco e non necessariamente in senso buono: l’attrice (?!), sottolineate le espressioni nell’inquadratura fissa per almeno 4-5 secondi, sgranando gli occhi, tremando e muovendo fisicamente le gocce di sudore sulla faccia. Perché Cecilia, perché ti sei ritirata dalle scene? Luminosissima stella del trash, è stata sublime maestra nell’aggrottare la palpebra inferiore. Una che ha partecipato a un film del calibro di Eviration – bramosia dei sensi(tit. or. Los Cachorros, 1973), non può in alcun modo sparire così. Decisamente, una carriera finita troppo presto.

La colonna sonora. Indimenticabile la musica che accompagna i momenti di abbrutimento di Maria, un misto incomprensibile di un gatto spaventato, un violino permanentemente scordato (suonato forse dal suddetto gatto), tamburi e robaccia che non sono mai riuscita a decifrare. Va sentita: non si può descrivere. Eccellente sostegno delle espressioni improbabili della Pezet, riesce a rovinare l’unica scena vagamente decente nel confronto finale fra Maria e il demonio grazie alla sua querula e ridicola dissonanza. Confesso infine di aver usato, forse per pura cattiveria, la suddetta colonna sonora come suoneria del cellulare per almeno un mese. Sono stata costretta a cambiarla, stranamente: la gente nelle vicinanze reagiva come i cani agli ultrasuoni. Chiedo umilmente perdono e concludo, ringraziando Gustavo César Carrión per aver saputo produrre un’opera di siffatto valore.

Recensione da Tersite