976 CHIAMATA PER IL DIAVOLO 2 (IL FATTORE ASTRALE)

Mr. Grubeck, preside di un liceo, viene accusato di essere un serial killer e incarcerato. Su di lui vertono forti sospetti ed ha bisogno di un alibi. Telefona così a un numero satanico per poter uccidere mentre il suo corpo è rinchiuso in cella e potersi così scagionare. Egli riuscirà ad utilizzare il suo corpo su un piano astrale, attraversando le sbarre della cella e continuando a seminare il terrore. Robin, figlia del capo della polizia, cerca di incastrarlo definitivamente con l’aiuto di Spike, un motociclista che aveva già avuto modo in passato di conoscere le potenzialità della linea satanica.

 

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Titolo originale: 976 Evil II
Anno: 1992 I Paese: U.S.A.
Regia: Jim Wynorski
Attori: Debbie JamesRené AssaPatrick O’Bryan
 

Dobbiamo cospargerci il capo di cenere, fare cento passi indietro scusandoci per quello che scrivevamo pochi giorni fa a proposito di questo film: “976 – il fattore astrale, del quale parleremo approfonditamente uno di questi giorni, era infatti uno sciagurato e miserabile filmetto senza pretese, diretto da un inetto Jim Wynorski, ben lontano dai fasti da buona serie B di Supermarket horror, e interpretato, tra gli altri, da un’agghiacciante Brigitte Nielsen. Motivo in più per recuperare e rivalutare il film di Robert Englund“.

Che il secondo capitolo sia un brutto film è vero, ma è anche un horror rozzo e divertente, anzi molto divertente, folle e a suo modo anarchico per come capovolge il plot del primo capitolo. Nel parlarne noi (o meglio me) ci affidavamo alla memoria, una visione avvenuta anni fa che non ci riportava buoni ricordi. 976 2 il fattore astrale di certo non è un capolavoro, ma nella sua bruttezza ha un certo fascino. Certo bisogna anche vedere uno che pretese ha nel vederlo: se ci si aspetta un’opera definitiva del genere horror o anche solo uno spettacolo ben scritto, è meglio passare oltre. Sia dato atto però a Wynorski, nei limiti di una serie B senza pretese, di non girare male, di essere ancora, prima della sciagura Vampirella, un ottimo artigiano.

Il fim inizia subito bene, senza fronzoli ci porta in un bagno di una palestra dove un’avvenente ragazza sta facendo una doccia dopo una nuotata in piscina, in una citazione neanche troppo sotterranea di Suspiria e Il bacio della pantera. Cinema alto quindi che viene cannibalizzato dal cinema più basso. Per rimarcare siamo in una produzione di serie B la giovane mostra subito le tette e, come in un film anni 70 italiano, comincia a lavarsi. Ed ecco che, zitto zitto, arriva un killer, che identificheremo come il preside della scuola, un arzillo vecchietto con la passione delle belle donne… morte! Qui Wynorski gira quello che è, sulla carta, un banale inseguimento, con un certo estro soprattutto visivo: le ombre si ingrossano sulle pareti come in un Fritz Lang sotto viagra e acido, e colora la morte della giovane con tonalità fortissime tra le pareti di un teatro, in un momento che anticipa Scream 2.

Che Wes Craven abbia visto questo 976 il fattore astrale potrebbe essere cosa non così campata per aria, tanto che una scena a seguire è simile, come concezione, all’inizio di Scream 4 con due ragazze intente a litigare se vedere o no un horror. Momento geniale del film di Wynorski questo: si intervallano scene di La vita è meravigliosa con La notte dei morti viventi per poi avere un frullato dei due. Stupisce come il buon Jim sia attento ai particolari: il suo film nel film, bianco e nero improvviso, è un gioco metacinematografico neppure così rozzo, tanto da usare sosia dei vari James Stewart ridotti a morti viventi, in un impercettibile montaggio tra il vecchio e nuovo girato. “Ogni volta che la campana suona, uno zombi arriva alla porta” è la geniale sostituzione dell’originale di Frank Capra “Ogni volta che una campana suona, un angelo mette le ali”, ovvio la vittima esclami “Ma questa frase non c’era” per poi finire massacrata dalla bambina de La vita è meravigliosa diventata la matricida del film di Romero.

Se il film non può sfoggiare un cast di ottimi attori da’ il meglio in invenzioni una più bella dell’altra, tra tutte una morte in autostrada girata con un certo piglio spettacolare, e un fantasioso omicidio attraverso lo specchio. Si citano con gusto classici recenti dell’epoca come gli animali impagliati che ridono di Evil dead 2, ma senza mai sfociare nella parodia o nel plagio. Tra tutti gli attori il peggiore è senza dubbio Patrick O’Bryan, unico anello di congiunzione tra questo sequel e il precedente di Robert Englund. La sua recitazione sembra quella di un alcolizzato perennemente ubriaco o di un tossico dopo essersi fatto una pera, occhi a mezza monta e faccia ad libitum sempre assonnata. Il resto del cast è composto da caratteristi pronti a fare faccette buffe o sopra le righe e ad avvenenti ragazzotte più a loro agio nei porno soft che in un horror. Eppure questo non penalizza il risultato finale dell’opera, che anzi si beatifica della propria anima cheap, in un contesto da divino spettacolo di terza visione, onesto e divertente, quello che, sporco di popcorn, potresti applaudire al cinema. Se solo si facesse ancora una serie B così dignitosa.

Il momento più assurdo del film è senza dubbio quando Patrick O’Bryan ovvero Spyke il motociclista, uno che è già amico di tutti appena mette piede in città manco fosse nato lì, si reca in una libreria satanica gestita da Brigitte Nielsen, il Lucyfer’s. In uno scambio di battute del pari di “Sei bello assomigli a Freddy Kruger!” “E tu alla donna sull’asteroide” “Stacco tra due secondi, campione”, di certo non scritte da David Mamet, viene girata una scena assolutamente inutile, probabilmente inserita in seguito per avere nel cast il nome di richiamo dell’ex signora Stallone. Momento da scene scartate nel reparto extra di un ipotetico dvd, ma che viene inserito un po’ alla cazzo di cane dentro il girato. D’altronde che pretendere da un film che alla fine, ti accorgi, non porta avanti neppure il tema che dovrebbe essere il portante, quello della chiamata diabolica? Lo accetti o spegni, ma se non spegni e accetti lo spettacolo basso il film potrebbe stupire.

La vhs multivision è dignitosa, il doppiaggio è scarso, ma si è sentito di peggio. La visione mediocre su nastro è comunque un incipit per gustare meglio un filmaccio gustoso come questo, alla faccia della perfezione del blu ray che farebbe risaltare la pochezza del budget.

Tirando le somme alla fine 976 il fattore astrale è qualcosa di davvero diverso dal buon film diretto da Robert Englund con il futuro pornostar gay Stephen Geoffreys (presente senza motivo in alcune cover del dvd americano). Non migliore, di certo su un altro piano e con altre ambizioni, forse cinema tanto sciagurato da ambire alla genialità. Così sfrontato da far finire il film senza happy end, ma soprattutto con un effetto speciale tra i più brutti mai visti in un horror, alla fine però in linea con l’anima drive in del prodotto. Possiamo dire che se 976 chiamata per il diavolo era un ristorante di pregio, il due è una trattoria malfamata. Non è detto che non mangi bene anche lì, basta non essere schizzinosi, in un cinema che è più pane e salame che caviale. A me, per esempio, piacciono entrambi.

Scritto da Andrea Lanza