SBIRULINO

Sbirulino vive spensierato nel paesino Sottoilcielo in compagnia del suo affezionato Tagallo (cavallo). Uno zio d’America lascia a lui ed ai suoi cuginetti Sbiruloni una grande eredità. Così parte per Roma, dove si trovano i parenti, impegnati negli spettacoli d’un circo, e, strada facendo, dà vita ad una serie di avventure: sventa furti, disturba e vivacizza le ferie di un commendatore, ma soprattutto tiene fede alla raccomandazione ricevuta dal parroco prima della partenza di fare tutto quello che fanno i grandi. È dal suo impegno nell’imitazione degli altri che scaturiscono le situazioni comiche che si risolvono sempre in rilievi critici delle loro ridicole manie ed inutili preoccupazioni per gli affari assorbenti ed alienanti. Il mondo dei grandi, visto dagli occhi innocenti e benevoli di Sbirulino, è messo bonariamente in crisi.

 

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Titolo originale: Sbirulino
Anno: 1982 I Paese: Italia
Regia: Flavio Mogherini
Attori:  Sandra MondainiGianni AgusSergio Leonardi 
 

Funzionava come incursore televisivo, il pagliaccio ingenuo di Sandra Mondaini che negli Ottanta godeva di una certa notorietà comparendo qua e là col suo inconfondibile costume per regalare un tocco di gioiosità infantile; immaginarlo all’interno di un film a lui dedicato non era facile, data la sua natura di “spalla”, ideale soprattutto quando contrapposta alla posata seriosità di Vianello (che ovviamente fingeva sempre di malsopportarlo). A dargli forma cinematografica viene chiamato Flavio Mogherini, scenografo passato alla regia dimostrando di saper infondere una certa poeticità nei propri lavori (si pensi a PER AMARE OFELIA o CULASTRISCE NOBILE VENEZIANO ; esattamente quel che serviva per creare un mondo ai confini del surreale, che parte dal paese in pietra (chiamato Sottilcielo) dove vive Sbirulino per arrivare poi alla grande città, vista naturalmente attraverso gli occhi dell’innocenza. Sulla carta un’operazione ardita ma con le basi per essere realizzata discretamente. Purtroppo il passaggio al prodotto finito, penalizzato da una cronica ed evidentissima mancanza di mezzi (basti pensare alle scene al circo, per le quali vengono in parte utilizzati filmati di repertorio col pubblico che applaude), ci consegna un film terribilmente povero e facile bersaglio della critica; eppure non tutto da buttare, se ovviamente non si ha in odio il tenero pagliaccio inventato dalla Mondaini. Certo, bisogna ben capire che è un film per bambini, che ha limiti chiari e che più che le battute (scadenti) a funzionare è l’italiano stravolto e biascicato di Sbirulino, il saper comunicare – anche con poche parole di senso compiuto – di chi ha un cuore grande, non guarda mai al denaro come fonte di ricchezza vera e si spaventa magari all’idea di incontrare la “gallina nera”, un animale che morde il sedere ai poveri passanti nella notte (ma sarà proprio la stessa gallina nera, nel finale, a ricondurre Sbirulino in volo dalle cascate dove s’era perduto fino alla sua Sottilcielo, dimostrando che veri nemici qui non ne possono esistere). Se la prima parte ci mostra la vita improbabile del nostro pagliaccio al paese, dove vive in casa col suo amato cavallo, gioca a scopa al bar, fa i dispetti al parroco e lavora a maglia (!), la seconda lo vede raggiungere Roma per consegnare ai cugini Sbiruloni parte dell’eredità del ricco e defunto zio Sbirulo (!!). E così, dopo una carrellata sulle classiche bellezze della città eterna coi suoi preziosi ruderi (“Ma c’è tutti buchi a Roma… non me l’avevano detto che era tutta rotta”), eccolo prendere possesso della sua stanza all’hotel per scoprire che comunica con quella del ricco commendator Brescioni (Agus), destinato a diventare la vittima prediletta. Purtroppo l’interazione con Agus si rivela meno divertente del previsto e il film continua a mostrare le sue pecche, con qualche simpatica trovata qua e là (Sbirulino infilato nel canestro per un bel pezzo dopo aver fatto sbagliare il punto alla squadra del commendatore), la quasi invisibile comparsata di Raimondo Vianello tra i giudici della partita, il duo di criminali da barzelletta modellati in parte sul Gatto e la Volpe di Pinocchio. Accenni similfelliniani nel finale (con le belle musiche di Pippo Caruso) dopo che però, nella lunga parte al circo, si era raggiunto il punto più basso, con Sbirulino a impazzare tra numeri terribili. Sopra ad ogni cosa, comunque, a colpire è come sempre l’inconfondibile eloquio bambinesco della Mondaini, che ispira tenerezza e sta indubitabilmente alla base del successo del personaggio.

MARCEL M.J. DAVINOTTI JR.

Recensione da Il Davinotti