LA CASA SPERDUTA NEL PARCO

Alex e Ricky non stanno affatto bene. Il primo è un maniaco sessuale che ha commesso degli stupri mentre il secondo accusa un riotardo mentale. I due ricevono a un invito in una ricca casa, di proprietà di un certo Tom, dove sono presenti altri ragazzi. L’invito ha un motivo “nascosto”: Tom vuole infatti far divertire i suoi amici con la presenza dei due ragazzi disturbati. Tuttavia la situazione degenera presto e anche Tom rivela la sua natura psicopatica.

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Lingua: 
[la visione è riservata ad un pubblico maturo]

Titolo originale: La Casa Sperduta nel Parco
Anno: 1980 I Paese: Italia
Regia: Ruggero Deodato
Attori: David HessAnnie BelleChristian Borromeo
 

Subito dopo Cannibal Holocaust Deodato continua il suo discorso anti-borghese contro la società “cannibale” che divora i diversi, i più deboli, anche se appartenenti alla stessa specie. La casa sperduta nel parco doveva essere un film che facesse quadrare i conti e recuperare qualche soldo, data la travagliata esperienza, tra sequestri e processi, di Cannibal Holocaust. Ma Deodato colpisce di nuovo lo stomaco e la psiche dello spettatore con un’opera sadica, aggressiva, feroce, che subisce più o meno lo stesso trattamento riservato alla pellicola precedente e viene addirittura bandita in Inghilterra. Il film appartiene al filone rape and revenge e si avvale della presenza di David Hess, attore destinato, dopo l’interpretazione di Krug ne L’ultima casa a sinistra di Craven, a divenire l’icona del maniaco sessuale e dello stupratore. Ricoprirà questo ruolo anche in Autostop Rosso Sangue di Pasquale Festa Campanile e ne La casa sperduta nel parco, ma nonostante ciò riesce a offrire un’interpretazione sempre diversa, anche rispetto a quella del film di Craven. L’Alex de La casa sperduta nel parco non è il Krug de L’ultima casa a sinistra e anche le due opere sono molto diverse tra loro sebbene qualche somiglianza ci sia. Il film si apre con un brutale stupro e successivo (anzi, contemporaneo) strangolamento della vittima. Le inquadrature, intervallate da alcuni stacchi a nero, rendono la violenza ancora più disturbante, creando un senso di opprimente claustrofobia e devastante impotenza. E tutto ciò dopo neanche tre minuti dall’inizio. Non è difficile immaginare quanto già solo l’incipit al fulmicotone possa aver causato polemiche. E’ così che facciamo la conoscenza di Alex (David Hess), e successivamente del suo amico Ricky (Giovanni Lombardo Radice) due meccanici dalle abitudini alquanto singolari. Sin da subito si intuisce che il primo dei due ha un forte controllo sul secondo, personaggio ingenuo e affetto da un lieve ritardo mentale. I due prendono parte ad una festa di giovani ricchi annoiati che iniziano a prendersi gioco di loro in svariati modi, dagli imbrogli con le carte alle provocazioni sessuali. Alex reagisce con la violenza e la festa si trasforma in una notte da incubo, tra stupri, percosse e sevizie finché la situazione non si capovolgerà. La cosa sorprendente, e anche molto interessante, è che i ricchi borghesi nonostante subiscano violenze e umiliazioni di tutti i tipi, non riescono a suscitare empatia e pietà nello spettatore, perchè dotati di un’altezzosità spregevole e fastidiosa. Anche il finale (chiudendo un occhio sull’inverosimile colpo di scena) svela la natura subdola e violenta di tali personaggi e delle loro azioni. Ci si chiede ancora una volta “chi siano i veri cannibali”. Ciò non significa che Alex sia un personaggio positivo e che la sua rabbia nei confronti di una classe agiata così meschina sia giustificata, ma che, a conti fatti, il confine tra buoni e cattivi è sottilissimo. Si prova compassione per Ricky (il personaggio di Lorraine De Selle ne proverà così tanta da concedersi a lui volontariamente e successivamente far sì che gli venga risparmiata la vita), ma lo stesso non si può dire per Tom (Christian Borromeo) quando viene malmenato o per Lisa (Annie Belle) quando viente stuprata. Quest’ultima, sembra anch’ella concedersi senza troppi indugi al violentatore in una scena che non sembra un vero e proprio stupro e che deve aver suscitato non poco scalpore data la sua natura controversa. Si instaura quindi uno strano rapporto tra spettatore e personaggi, un rapporto molto ambiguo che può ricordare le dinamiche della sindrome di Stoccolma. L’aspetto tecnico della pellicola non presenta grosse pecche, Deodato dimostra di saper dirigere una storia truce con il giusto ritmo. Notevole la colonna sonora di Riz Ortolani che, come in Cannibal Holocaust, riesce a creare un contrasto tra note dolci e immagini violente (memorabile la tortura con il rasoio sul corpo inerme della graziosa Cindy, con Alex sempre più eccitato dalle urla della povera malcapitata e dalla vista del sangue, e la canzone “Sweetly” in sottofondo). La casa sperduta nel parco rappresenta un’opera di tutto rispetto nel panorama rape and revenge, dotata della giusta crudeltà e di un sottotesto sociale non indifferente, consigliata agli estimatori di sesso e violenza su celluloide.

Scritto da Alfredo Squillaro [Interzona]