SLOK

Uno scimmione preistorico si risveglia da un sonno durato millenni e si ritrova in una città contemporanea. Inseguito dalla polizia, trova rifugio presso una ragazza cieca di cui si innamora.

 

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Titolo originale: Schlock
Anno: 1973 I Paese: U.S.A.
Regia: John Landis
Attori:John LandisSaul KahanJoseph Piantadosi
 

Diciamolo subito: chi ha fatto al tempo il tifo per quel porcellone di John “Bluto” Blutarsky, chi si è innamorato scriteriatamente del look funerario dei Blues Brothers, chi ha pianto per la morte prematura del lupo mannaro americano a Londra, probabilmente – almeno alla prima visione – sarà rimasto deluso dal primo, poverissimo film di John Landis.

Si tratta di Schlock (ma il distributore italiano lo semplificò in Slok) e risale al 1973, quando quel mattacchione di John Landis, appena ritornato dalla Spagna dove aveva fatto la comparsa in decine di spaghetti western, si decise a coronare il suo sogno di regista. Naturalmente, l’esordio non poteva essere che sui generis: niente pretese autorali, niente tormenti giovanili, niente arditi movimenti di macchina. Solo una parodia — sgangherata, goliardica, incerta, eppure non priva di veleni — dei fanta-horror di serie B (per intendersi, quelli dei Godzilla e dei King Kong, passando per i mostri delle lagune).

All’epoca John Landis non era ancora nessuno e così si dovette accontentare dei 60.000 dollari racimolati qua e là, nella speranza di essere notato da qualche produttore. Cosa che in effetti avvenne; chiamato dal potentissimo Johnny Carson al Tonight Show, il 23enne neoregista si fece una piccola fama e qualche tempo dopo trovò i soldi per realizzare il suo secondo lunogometraggio, Ridere per Ridere. Poi venne Animal House e, con esso, il grande successo internazionale.

Ma torniamo a Slok. Fervente ammiratore dei Freddie Francis, dei Jack Arnold, dei Val Guest, John Landis era cresciuto — cinematograficamente parlando — in mezzo a ogni tipo di mostri. Fu quindi facile per lui infilarsi nella pellaccia gorillesca cucitagli addosso dall’amico Rick Baker (poi divenuto a sua volta una superstar del make-up) e cominciare così a saltare a quattro zampe nella periferia di Los Angeles.

Sorpreso dalla grande glaciazione milioni di anni prima, mentre stava per acchiappare un casco di banane, Slok è una specie di animale. antropomorfo: uccide crudelmente, si nasconde nelle grotte, terrorizza le massaie, ma – in fondo – è un sentimentalone. E infatti, come il mostro di Frankenstein, gioca con le bambine ed è anche capace di innamorarsi di una ragazzotta burrosa dallo sguardo languido. Insomma, la Bella e la Bestia. Va a finire male, però. I cattivi della Guardia Nazionale lo scovano in un locale da ballo e lo riempiono di piombo. Un’ultima inquadratura ci avverte, ad ogni buon conto, che era (apparentemente) in preparazione Il figlio di Slok.

In apertura si diceva che Slok (recuperato dai cinema italiani soltanto nel 1983) potrebbe deludere i patiti del John Landis più esplosivo. In effetti, questo filmetto quasi amatoriale non possiede né la gagliarda demenzialità di Animal House, né il ritmo forsennato di The Blues Brothers. Gli attori sono amici di famiglia, gli scontri d’auto miseri, le battute piuttosto fragili. Eppure dietro le frequenti citazioni cinefile (sullo schermo appaiono anche alcune inquadrature di Trog, con uno Steve Me Queen giovanissimo) s’intravede già qualcosa del grande filmmaker che verrà: quello che satireggia sulle manie televisive dell’americano medio, quello che si fa beffe della ‘Cultura Alta’, quello che celebra le virtù terapeutiche del rhythm ad blues.

Orgogliosamente (e ingenuamente) yankee, John Landis racchiude in Slok il suo gusto dell’eccesso: e se lo scherzo non gli riesce, è solo perché gli mancano i soldi necessari a fare abbastanza ‘casino’. Detto questo, c’è almeno una scena memorabile nel film: quando, al suono in crescendo di Così parlò Zarathustra, il gorillone lancia contro la vetrina di un negozio di banane Chiquita il pezzo di mandibola reso celebre da 2001: Odissea nello spazio, e l’osso gli torna indietro al rallentatore, non si può far a meno di scoppiare a ridere. Stanley Kubrick non si sarà certo offeso: mai presa in giro fu più garbata e burlona.

Recensione da Il Cineocchio