OMEGA DOOM

 

Dopo la conquista della Terra da parte di un esercito di robot, i pochi umani superstiti sono costretti a vivere alla macchia. I nuovi padroni temono una riscossa dei terrestri, per scongiurare la quale è in atto un’affannosa ricerca di un deposito segreto di armi. Uno degli androidi (Rutger Hauer) entra in una cittadina in cui si sta svolgendo una sorta di guerra civile fra i suoi simili.

 

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Titolo originale: Omega Doom
Anno: 1996 I Paese: U.S.A.
Regia: Albert Pyun
Attori:  Rutger HauerShannon WhirryNorbert Weisser |
 

Nel microcosmo del filone post atomico si possono contare moltissimi cloni della trilogia (quadrilogia) Mad Max dai quali ci si può aspettare qualsiasi sfumatura variante: chi punta sulle mutazioni genetiche, chi punta sui mezzi di locomozione customizzati e altro ancora. Tra tutti quelli che ho visto Omega Doom rappresenta una mosca bianca dove, come sapete, il bianco rappresenta la somma di tutti i colori. Colori come I Guerrieri Della Notte, Blade Runner e curiosamente, ci ho trovato anche un po’ del variopinto Nirvana. Si tratta di un film realizzato con un budget evidentemente ridotto all’osso, girato interamente in un cortile popolare di Bratislava in mezzo a delle macerie, utilizzando la manovalanza slovacca per quanto riguarda gran parte del reparto tecnico. Nella migliore tradizione del cinema exploitation, il film sfrutta ogni singolo dettaglio e idea intuitiva per creare un’ atmosfera unica e intensa. Piccoli trucchi di sceneggiatura e dialoghi scritti bene (seppur a volte banalotti), riescono ad infondere un senso di epicità attorno all’ intera vicenda, narrando allo spettatore una storia assai più ampia di quello che poi si visiona coi propri occhi. D’ altronde stiamo parlando di un film diretto da Albert Pyun, uno che mangia cyberpane e nutella al plutonio a colazione. Pyun è il padrino indiscusso dell’ action cyberpunk e a questo giro è riuscito in qualcosa di veramente epico: resuscitare l’ androide di Blade Runner e metterlo di nuovo in piedi sulle proprie gambe. Esattamente, il protagonista altri non è che un androide interpretato da Rutger Hauer che torna nel suo ruolo di macchina umanoide e si prende una rivincita facendo la figura di quello che la sà più lunga di tutti dalla prima apparizione fino all’ ultima scena. Il suo personaggio è ben riuscito e curato al dettaglio, come tutti i pochissimi personaggi che compongono la microfauna del film, parliamo di una decina di attori in tutto di cui circa 6 comparse che parlano poco o nulla e sono sempre quelli in tutto il film come una puntata della Melevisione post atomica. Il film è interamente incentrato sulla figura e il talento di Rutger Hauer, sugli effetti speciali (compresi gli innumerevoli effetti cyber-sonori) , su un trucco fai-da-te e una sceneggiatura scritta bene. Il resto è tenuto su con due spaghi e colla. Date una chance a questo film d’ altronde Rutger Hauer e Albert Pyun sono già un buonissimo motivo per una visione, gli appassionati di b movies sapranno sicuramente di cosa sto parlando.

Scritto da Il Guardiano dello Zoo